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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Parashà di Ki Tazria’: A quali neonati si fa il berìt milà

    All’inizio di questa parashà è scritto che quando una donna partorisce un figlio maschio, la circoncisione (berìt milà) del neonato va fatta all’ottavo giorno dalla nascita. Si comincia quindi a contare dal giorno della nascita compreso, fino a otto. Se un neonato è nato di lunedì, si fa il berìt milà il lunedì successivo.
    R. Avraham Ibn ‘Ezra (Tudela, 1089-1167, Calahorra) nel suo commento alla Torà fa notare che se la nascita è capitata, per esempio, lunedì sera mezz’ora prima del tramonto del sole, e il berìt milà viene fatto il lunedì successivo alla mattina, il neonato viene in effetti circonciso dopo sei giorni e mezzo dalla nascita. Questo perché nella Torà si contano i giorni e non si tiene conto delle ore.
    Poiché nella Torà è scritto che il berìt milà deve essere fatto nell’ottavo giorno dalla nascita, deve essere fatto anche di Shabbàt, nonostante che il berìt milà sia una melakhà. Per questo motivo può essere fatto di Shabbàt solo se si è certi che la nascita è avvenuta di Shabbàt. Se la nascita è avvenuta di venerdì sera durante il crepuscolo, cioè tra il tramonto del sole e lo spuntare delle stelle, in un periodo di tempo in cui è dubbio se sia ancora il giorno di venerdì o già la notte di Shabbàt, il berìt milà non può essere fatto di Shabbàt e deve essere postecipato alla domenica.
    R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (p. 76) fa notare che con il berìt milà si ottengono due scopi: il primo è che il padre osserva la mitzvà di fare il berìt milà al figlio; il secondo di farlo diventare un ben berìt, un partecipante al patto dell’Eterno con il popolo d’Israele. Quanto qui affermato è dimostrato dal fatto che quando si fa il berìt milà vengono dette due berakhòt: la prima “che ci ha comandato di fare la milà”; la seconda “che ci ha comandato di introdurlo nel patto del nostro padre Avraham”. R. Soloveitchik afferma che la seconda berakhà si riferisce al cambiamento di stato che risulta dall’atto del berìt milà, come avviene con un proselita, che nel convertirsi viene a far parte del popolo ebraico.
    R.Yechiel Ya’akov Weinberg (Polonia, 1884-1966, Montreux), uno dei principali decisori halakhici del secolo passato, in Lifrakìm (p.584-5), cita la discussione che avvenne nella generazione che lo procedette, sull’argomento se fosse permesso fare la milà a un neonato di madre non ebrea. Egli afferma che in Svizzera tutti i rabbini ortodossi erano d’accordo di non fare la milà a bambini nati da madre non ebrea. Così sostenevano anche i rabbini in Ungheria. In Germania, rav Azriel Hildesheimer (Halberstadt, 1820-1899, Berlino), capo del seminario rabbinico di Berlino aveva imposto una proibizione assoluta. R. Weinberg era della stessa opinione e aveva istruito il noto mohèl (circoncisore) Eisenmann di Basilea a fare la milà a neonati, solo se la madre era ebrea o era stata convertita secondo la Halakhà. Nella sua opera di responsi Seridè Esh (Yorè Dea’, 61) r. Weinberg tratta l’argomento in modo più esteso. Tra l’altro afferma convertendo un neonato di genitori che non osserveranno le mitzvòt invece di dare al bimbo il beneficio di diventare ebreo, lo si penalizza perché crescerà senza osservarle.

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