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    Nuove rivelazioni sull’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre ’82. “Un puzzle inquietante, ma c’è di più”. Intervista a Gady Tachè

    Dell’accusa lanciata dal quotidiano Il Riformista secondo cui il governo sapeva dell’imminente attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre ’82, Gady Tachè, fratello di Stefano che morì ucciso a soli 2 anni nell’attacco terroristico, non ne è stupito. Gady da mesi è immerso nelle carte, nei documenti, e negli archivi, oramai desecretati alla soglia dei 40 anni da quel tragico giorno. «Non sono né uno storico, né un avvocato, sono una vittima, e voglio verità – spiega -. Studio anche perché sto raccontando e ricostruendo la mia storia, la storia della mia famiglia, e della mia comunità di quel periodo in un libro. E se consideriamo tutte le informazioni che oggi abbiamo a disposizione forse dobbiamo chiederci se ciò che Cossiga rivelava nel 2008 fosse davvero un fondo di verità». Infatti l’ex presidente della Repubblica aveva raccontato al giornale israeliano Yedioth Ahronot che le autorità italiane e il governo erano stati informati che si stava preparando un attentato alla Sinagoga, prima o dopo la festa di Kippur, e sul Lodo Moro disse “vi abbiamo venduti”. E ciò trova riscontro nelle informative, nei telex inviati dal Sisde, sin dal giugno precedente alla strage, alle Istituzioni, al Ministero degli Interni, in cui si avverte sulla possibilità concreta di attentati contro obiettivi ebraici, dunque anche contro la Sinagoga, durante le feste, e anche durante quella del 9 ottobre. Ma ci sono altri pezzi di storia che entrano perfettamente e ricompongono questo puzzle inquietante. Shalom ne ha parlato con Gady Tachè.

     

    Gady, conoscevi i documenti pubblicati dal Riformista?

     

    Si, li conosco da settimane. Sto studiando queste carte da mesi. Direi che abbiamo un’ulteriore prova di quanto rivelato da Cossiga nel 2008 sul Lodo Moro. Quando ho letto questi documenti per la prima volta è stato un duro colpo. Quando Cossiga parlò del Lodo Moro aprì uno squarcio importante sulla vicenda. La domanda cardine per tutti noi in questi decenni è stata sempre perché non c’era la polizia, non c’erano le istituzioni a presidiare la Sinagoga quel giorno, in un momento di estremo pericolo. Oggi leggere questi documenti forse non significherà avere la prova, ma di sicuro un indizio molto importante, che esiste un fondo di verità in ciò che rivelava Cossiga. Le informative di allora del Sisde alle varie istituzioni, che avvertiva che c’erano dei terroristi palestinesi pronti ad agire per attentati in Europa, e persino un telex del 25 settembre 1982 in cui si segnala il pericolo concreto di attacchi da parte di gruppi terroristici di Abu Nidal, avvalorano ancor di più quanto detto da Cossiga. Ma oltre a questo c’è altro…

     

    Nella tua ricerca hai trovato altri documenti che avvalorano questa tesi?

     

    Ci sono altri documenti che lo dimostrerebbero. Ad esempio l’allora Ministro dell’Interno Virginio Rognoni ascoltato in Senato subito dopo l’attentato, in risposta alle interrogazioni parlamentari disse che era stata segnalata la richiesta di aumento dell’attenzione e del potenziamento della sicurezza sui siti ebraici da parte delle Comunità Ebraiche, ma tranne il giorno della benedizione dei bambini, ovvero il 9 ottobre. Io nelle mie ricerche ho trovato la lettera che Tullia Zevi, allora Vice Presidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, inviò al Ministero dell’interno nella quale chiedeva alle istituzioni il potenziamento dei presidi di sicurezza in tutti i siti ebraici, non solo per le festività di Rosh Hashanà e Kippur, ma anche per il giorno del 9 ottobre. A questa lettera, allegava un elenco dettagliato delle date per le qual si richiedeva protezione e dei luoghi reputati sensibili, compresa la Sinagoga Maggiore. Leggendo questi documenti le domande che mi pongo sono molte.

    Pochi giorni prima dell’attentato, inoltre, dei volontari della comunità ebraica di Roma avvistarono alcuni personaggi sospetti dai tratti mediorientali nella zona della Sinagoga. Anche questo fatto si va ad anellare con quanto riferito da Cossiga, e nei vari documenti adesso tornati alla luce. Credi sia possibile finalmente avere chiarezza e giustizia su quanto avvenuto?

     

    Per 40 anni la mia sensazione è stata quella di rassegnazione, non ho mai pensato che saremmo arrivati ad avere una vera giustizia, e anche se l’avessimo di certo non mi riporterebbe indietro mio fratello. Ma sarebbe giusto avere risposte, oltre che giustizia. Ricordo che del commando che colpì la Sinagoga quel giorno, fu identificato solo un terrorista, Osama Abdel Al Zomar, ancora a piede libero. A questo punto sapere che prima dell’attentato erano stati avvistati personaggi sospetti a studiare la zona nei pressi della Sinagoga e che questi non siano stati presi in considerazione, se non davvero poco, dalle forze dell’ordine non mi stupisce. Il quadro, la ricostruzione, se si prendono in considerazione tutti questi elementi, sembra tristemente chiaro. Sarei felice se mi si dimostrasse il contrario. Ma la ricostruzione che sto facendo, ad oggi, non lascia spazio a dubbi.

     

    Perché stai studiando tutte le carte e i documenti adesso, a quasi 40 anni dall’attentato?

     

    Sto studiando per me, per una ricostruzione dei fatti. Sto mettendo nero su bianco certezze, perplessità e dubbi. Sto mettendo insieme i pezzi di un Puzzle che per 40 anni non ho avuto la possibilità e la forza di affrontare. Sto cecando inoltre di raccontare come ho vissuto questi lunghi 40 anni, tra dubbi, e devastato dall’unica certezza che mio fratello non sarebbe mai più tornato. 

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