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    Cultura

    “L’arte come ponte tra civiltà e culture”. Intervista ad Ermanno Tedeschi

    Tra i personaggi principali della vita culturale torinese, romana e israeliana c’è senza dubbio il gallerista, curatore e critico d’arte Ermanno Tedeschi. Una lunga esperienza maturata nel mondo dell’arte e della cultura in generale, in Italia e all’estero da oltre trent’anni.
    Tedeschi, che ha recentemente portato in Italia la mostra fotografica – comprensiva di 30 foto che ritraggono la terribile giornata del 7 ottobre – di Ziv Koren “Cento per cento inferno” assieme alla raccolta di video della Galleria del Kibbutz Be’eri, ha raccontato a Shalom della necessità dell’arte di essere “ambasciatrice di pace”. Specialmente sulla scia dei boicottaggi che il mondo dell’arte, e della cultura in generale, tentano di perpetrare allo Stato Ebraico.

    In questi giorni abbiamo sentito parlare tanto di boicottaggio a Israele nel mondo culturale. Cosa pensa della lettera degli artisti e degli enti culturali per estromettere il padiglione israeliano dalla Biennale?

    Io non posso che definirmi attonito da una proposta del genere. L’arte è, e deve essere, un ponte tra le civiltà e le culture. Se si rompe questo punto si perde, questo perché la cultura deve essere concepita come qualcosa che si muove su una strada diversa rispetto alla politica. Certo, l’arte può essere espressione politica, ma in questo caso la partecipazione alla Biennale rappresenta pura espressione artistica dello Stato d’Israele. A questo punto, secondo lo stesso principio, neppure l’Iran, per il trattamento che riserva alle donne e per la politica violenta, dovrebbe prender parte alla fiera d’arte. Per me sia Israele che Iran hanno il diritto di partecipare alla Biennale, il loro essere presenti ad una manifestazione artistica rappresenta la loro personale visione ed espressione artistica, assolutamente non politica.

    Quindi l’arte può essere uno strumento politico?

    L’arte può essere anche politica, ma in questo caso l’arte rappresenta l’apertura di uno Stato, che ha il dovere di dimostrare quanto la cultura possa essere una cinghia di trasmissione con le altre civiltà. In Israele ci sono divisioni interne e problematiche esattamente come in altri luoghi del mondo, non per questo è giusto censurare l’arte israeliana. Come ho già detto, è l’unico ponte che abbiamo che ci permette di dialogare con le diverse culture.

    In questa ottica, cosa può fare l’arte per raccontare quello che Israele sta vivendo?

    Spesso le notizie vengono maneggiate e strumentalizzate, pensiamo ai numeri delle vittime palestinesi che sentiamo ogni giorno, non sappiamo mai se quei numeri siano precisi o meno. L’arte, come sostengo da sempre, può fare moltissimo per raccontare la verità, anzi direi che l’arte è ambasciatrice di pace. In questo momento più che mai, ha il compito di dimostrare la verità al mondo. Proprio questo weekend porterò la mostra fotografica di Ziv Koren “Cento per cento inferno” anche in Toscana, precisamente a Guardistallo (Pisa) che sarà visitabile fino al 10 marzo. Alle foto verrà integrata anche un’installazione con un video di Sharon Derhy dal titolo “Captured”. Un’opera potente, che mostra la riproduzione di una serie di immagini scattate prima del terribile massacro del 7 ottobre, accanto alle stesse foto scattate qualche settimana dopo. Negli stessi luoghi, molte delle famiglie non ci sono più, oppure molti dei cari con cui erano stati immortalati prima di quel giorno nefando, hanno lasciato il posto al vuoto.

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