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    Mondo

    Biden contro Trump? C’è ancora la possibilità di una sorpresa

    I duellanti alle elezioni presidenziali statunitensi del 5 novembre saranno dunque Joe Biden e Donald Trump? Questa è la previsione che ha più chance di avverarsi. Nessun democratico di peso può sfidare il presidente in carica del suo partito. E l’unica repubblicana in lizza per tentare di fermare la corsa solitaria di Trump, Nikki Haley, ha ottenuto modesti risultati nelle primarie, prima di ritirare la candidatura dopo la sconfitta nel “Super Tuesday”. Eppure, sarebbe sbagliato escludere sorprese clamorose da qui alle convention democratica e repubblicana di questa estate.
    In un rapporto tra i più dannosi per un presidente nella storia degli Stati Uniti, il procuratore speciale Robert Hur ha decretato il non luogo a procedere nei confronti di Joe Biden per la vicenda dei documenti top secret ritrovati nella sua abitazione privata. Ma Hur ha anche scritto che una delle ragioni della non incriminazione del capo della Casa Bianca risiede nel fatto che di fronte a una giuria Biden apparirebbe “come un uomo anziano, di buona volontà, con una memoria scadente”. Tra le sue considerazioni, la più dirompente è quella che Biden durante l’interrogatorio non ricordava il periodo in cui è stato vicepresidente e la data della morte del figlio.
    In quella che è stata certamente la giornata più nera del Presidente democratico, Biden ha sentito l’urgenza di rispondere a tali accuse convocando una insolita conferenza stampa notturna alla Casa Bianca nel corso della quale ha detto con rabbia che nessuno deve ricordargli la data della morte del figlio Beau, essendo un dolore scolpito nel suo cuore. Poi però, rispondendo ad una domanda, ha definito presidente del Messico il leader dell’Egitto.
    La questione dell’età di Biden è così tornata alla ribalta. E molti hanno visto, dietro il rapporto di Hur, un attacco più ampio teso a far recedere Biden dalla determinazione di correre per un secondo mandato, scommettendo di poter restare comandante in capo fino a 86 anni compiuti.
    Sull’altro fronte, quello repubblicano, dietro l’ostinata decisione di Nikki Haley di continuare la corsa fino a inizio marzo nonostante Trump si fosse rivelato virtualmente imbattibile nelle primarie è scaturita da un ben preciso calcolo politico. L’ex presidente sta perdendo le cause che lo vendono come imputato. Il verdetto più carico di conseguenze, finora, è quello pronunciato dal Tribunale di New York che gli ha comminato un’astronomica multa di 350 milioni di dollari più gli interessi per frode fiscale. Nel prossimo futuro, sul capo di Trump pendono diversi processi penali, compreso quello in cui è accusato di aver tentato di rovesciare il risultato delle elezioni del 2020. Una condanna non costituirebbe un impedimento alla sua corsa elettorale, ma i sondaggi mostrano che perderebbe una fetta non irrilevante di elettorato moderato. Se la popolarità di Trump venisse erosa in modo significativo dalle sentenze, Nikki Haley potrebbe rivelarsi una carta di riserva preziosa.
    Lo scenario più probabile comunque resta quello di uno scontro tra due leader anziani: Biden, 81 anni, Trump 77, interpreti di due visioni del mondo su molti aspetti agli antipodi. Interventista in Ucraina e anti Putin, quella del Democratico; isolazionista e filo russa quella del Repubblicano. In gioco c’è il rapporto con l’Europa e il ruolo statunitense nella NATO. Se Trump tornasse alla Casa Bianca, i rapporti col Vecchio Continente diverrebbero burrascosi, la NATO verrebbe messa sotto pressione, e l’Ucraina potrebbe essere costretta ad un cessate il fuoco che fotograferebbe le conquiste territoriali dell’esercito russo. Il fatto che l’esito della corsa alla Casa Bianca sia incerto è già di per sé un motivo di grande allarme per l’Unione Europea. Di qui l’urgenza di prendere il destino nelle proprie mani, di costruire una difesa comune. Per quanto oneroso, questo obiettivo non è più rinviabile.

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