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    Israele rimanda di un mese la riapertura delle frontiere

    Il Covid torna in prima pagina in Israele e il governo fa retromarcia sul turismo internazionale.

    Per stendersi al sole delle spiagge di Tel Aviv o per smarrirsi nei vicoli della Città Vecchia di Gerusalemme, per galleggiare sulle acque del Mar Morto o scendere fino alla punta del Mar Rosso a Eilat, i viaggiatori vaccinati dovranno attendere un altro mese, fino ad agosto.

    E’ così che, una settimana dopo la revoca dell’obbligo di indossare le mascherine tout court, a causa dell’aumento del numero dei nuovi contagi giornalieri, Israele si rinserra.

    “Se i numeri saliranno a oltre 100 nuovi casi per diversi giorni consecutivi – aveva ammonito il premier Naftali Bennet, ieri in visita all’aeroporto Ben Gurion – saranno possibili cambiamenti significativi nelle modalità di ingresso e uscita da Israele”.

    Così è stato.

    Tutto è partito dall’allarme lanciato nei giorni scorsi il ministero dell’Istruzione. Nelle scuole israeliane, 183 studenti e 20 membri dello staff sono stati trovati infetti, anche se nessun caso è grave. Come conseguenza, oltre 5 mila studenti sono entrati in quarantena.

    Il responsabile per il coronavirus in Israele, Nachman Ash, ha rassicurato la popolazione dichiarando ai media che “Questo è un focolaio locale, che si è originato all’estero”. L’ingresso di nuove varianti in Israele è attribuito infatti all’arrivo di persone da fuori. Il direttore generale del ministero della Sanità Chezi Levy ha segnalato le sei nazioni più pericolose – Russia, India, Messico, Brasile, Argentina e Sudafrica – facendo appello alla popolazione a non viaggiare verso quelle destinazioni.

    Di più, il premier Naftali Bennett, dall’aeroporto Ben Gurion, ha esortato gli israeliani a evitare viaggi internazionali non essenziali, facendo presente che il recente focolaio di Covid-19 è stato fatto risalire a una famiglia tornata da Cipro, che non è considerato un paese ad alto rischio. “Al momento la raccomandazione di limitare i viaggi non è un ordine, è una richiesta”, ha specificato Bennett, dopo aver visitato le postazioni per i tamponi insieme con il ministro della Sanità Nitzan Horowitz, il ministro degli Interni Ayelet Shaked e il ministro dei trasporti Merav Michaeli.

    La falla è stata attribuita anche a una crisi logistica della capacità di test in aeroporto dovuta a un picco di viaggiatori. Venerdì scorso, a migliaia di israeliani, è stato permesso di uscire dall’aeroporto senza fare il tampone obbligatorio a causa del sovraffollamento della stazione. Da allora il governo ha potenziato le postazioni e intensificato l’applicazione della quarantena.

    Ci sono molte buone ragioni per ritenere che Israele non sia a rischio di una nuova ondata, si legge su Ha’aretz: “Lo sviluppo dei vaccini ha segnato un punto di svolta nella guerra contro il virus a livello globale; le campagne di vaccinazione stanno avvicinando il mondo al punto in cui la pandemia è contenuta. Anche se in teoria emergesse una nuova forma più virulenta e contagiosa del coronavirus che mostra una maggiore resistenza al vaccino, la strada per sviluppare un vaccino su misura sarà più breve e veloce rispetto alla prima volta”, scrive il giornalista Ido Efrati. Tanto che per ora il Ministero della Salute non ha reintrodotto le restrizioni da poco abbandonate, se non in aeroporto, dove le mascherine tornano obbligatorie. Tuttavia si consiglia agli israeliani di indossarle di nuovo, per precauzione, in ogni ambiente al chiuso, nelle aree affollate, compresi i mezzi pubblici.

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