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SPECIALE PESACH 5784

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    ‘’A Nir Oz non c’è più niente’’. Intervista a Yuval Danzig

    Dal 7 ottobre Yuval non ha più notizie del padre, Alex Danzig (75 anni), rapito da Hamas nella sua casa di Nir Oz insieme allo zio ferito da arma da fuoco. I loro telefoni sono stati localizzati a Gaza.  Alex Danzig è figlio di sopravvissuti alla Shoah ed è stato tra i primi organizzatori di viaggi della memoria in Polonia. Yuval è cresciuto insieme alla sua famiglia nel Kibbutz di Nir Oz, distrutto dall’attacco terroristico del 7 ottobre. Quel giorno la sua famiglia ha dovuto affrontare decine di terroristi che hanno preso d’assalto il Kibbutz, stuprando, ferendo e assassinando bambini, donne e anziani e prendendo anche molti ostaggi. Shalom ha incontrato Yuval, in visita a Roma per qualche giorno insieme a una delegazione di altri parenti di ostaggi e vittime israeliane.

     

    Puoi parlarmi dei tuoi familiari che sono stati presi in ostaggio?

    Mio padre e mio zio sono tra le 78 persone che sono state rapite nel kibbutz Nir Oz. Tra di loro ci sono anche neonati e bambini. Li conosco tutti. Mio zio ha 69 anni, è cittadino danese, gli hanno sparato, lo sappiamo perché stavamo parlando al telefono. Abbiamo provato a spiegargli come medicarsi e fasciarsi, ma durante la telefonata sono entrati i terroristi. Ci ha detto “Mi stanno prendendo. Vi voglio bene. Addio”. Anche mio padre è stato portato via dalla casa dove viveva da solo. Ha chiamato me perché mio fratello, mia sorella e mia madre (sua ex moglie) vivono anche loro nel kibbutz, erano nei loro rifugi e non potevano raggiungerlo. Mio padre era solo e mi ha detto che sentiva esplosioni ovunque e che nel kibbutz stava succedendo qualcosa ma non capiva cosa. Stava iniziando tutto in quel momento. Dalle 9:30 mio padre ha smesso di rispondere e ho capito che qualcosa non andava. L’esercito è riuscito ad entrare nella sua casa solo alle 18.

    Mentre a casa di mio zio hanno trovato molto sangue, a casa di mio padre no, pensiamo che non si sia fatto male quando lo hanno preso. Mio padre ha una malattia al cuore, ha bisogno di prendere medicine ogni giorno e deve andare in ospedale ogni mese. Siamo molto preoccupati per entrambi. Le loro condizioni dopo 19 giorni non possono essere buone.

     

    Tuo padre era figlio di sopravvissuti alla Shoah?

    I miei nonni e mia zia sono sopravvissuti all’Olocausto. Mia zia è ancora viva e soffre di demenza. Sua figlia mi ha detto una cosa terribile: “E’ la prima volta che sono felice che mia madre abbia la demenza e non sappia cosa sta succedendo, perché se sapesse che il suo fratellino è stato preso in ostaggio non credo che sopravviverebbe”. 

     

    E gli altri membri della tua famiglia che si trovavano nel kibbutz?

    Mio fratello mi ha chiamato e mi ha detto che erano nel rifugio. Mia sorella mi ha mandato un messaggio chiedendomi di salvarla, perché i terroristi stavano entrando nelle case uccidendo tutti. Quando ricevi messaggi così perdi la testa. Ho chiamato l’IDF, la polizia, tutti quelli che conosco che lavorano lì. Ho iniziato anche a raccontarle bugie. “L’esercito sta arrivando, combatti!” le ho detto.

    Mia sorella era insieme alle sue tre figlie e a mio cognato che le ha protette con la sua pistola. Ha combattuto contro i terroristi. Per noi è un eroe. Anche lui però ad un certo punto è dovuto entrare nel rifugio ed è allora che i terroristi hanno bruciato la casa. Dopo un’ora nel rifugio ha cominciato a fare troppo caldo a causa del fuoco e del fumo. Hanno dovuto saltare fuori dalla finestra. Èun miracolo, l’IDF era lì quando sono fuggiti dalla casa. 

    Anche mia madre era nel kibbutz. Mia nipote e mia sorella erano a casa sua. Mia madre era seduta fuori a fumare, ha detto di aver visto centinaia di persone arrivare con le armi. Hanno sparato al suo cane. Mia madre è scappata verso il rifugio e ha chiuso la porta. I terroristi hanno sparato alla casa, hanno lanciato granate, sono riusciti a sparare anche all’interno del rifugio ma non le hanno ferite. Quando ho visto la TV non sapevo davvero cosa stesse succedendo a Nir Oz. Non sapevo se ci fossero 20 o 30 terroristi, o centinaia. Penso che ci fossero più di 500 terroristi perché adesso del kibbutz non c’è più niente. Prima dell’attacco ci vivevano 600 persone. 150 sono morti. Solo 6 case sono ancora in piedi.

    C’è qualcosa che il pubblico può fare per sostenere te o gli ostaggi e premere per il loro rilascio?

    Il pubblico ebraico è sicuramente con noi, ma il resto del mondo non capisce cosa sia successo. La maggior parte delle persone pensa che si tratti di un normale conflitto contro Hamas, ma non è così. Hanno ucciso neonati, bambini, li hanno violentati, ci sono storie terribili. L’esercito non ha combattuto nel kibbutz e quando è arrivato i terroristi erano già andati via. I terroristi hanno finito di fare ciò che erano venuti a fare e sono tornati indietro. Hanno portato con via trattori e tante cose. La nostra preoccupazione è per i rapiti e per il futuro. Non sappiamo se la nostra comunità sopravviverà. Non so se la mia città natale sarà di nuovo lì. Spero che mio padre sopravviva e ritorni. Ma se vede il kibbutz così, non credo che reggerà.

     

    Ci sono messaggi o richieste che vorresti trasmettere al pubblico o alle autorità?

    La Premier Meloni e le altre autorità ci hanno abbracciati e hanno pianto con noi. È stato molto emozionante e molto potente. Penso che il governo sia con noi ma penso che in Europa sia necessario rafforzare l’opinione pubblica, mostrare cosa è successo. Non solo le immagini di Gaza. I terroristi di Hamas sono specialisti della comunicazione.

     

    Cosa vuoi che la gente sappia degli ostaggi?

    Sono tutti civili. I soldati sono stati uccisi. I civili non fanno parte della guerra. A Nir Oz è stato rapito un bambino di 9 mesi, bambini di 2, 3, 4 anni. Un ragazzino di 12 anni è stato rapito senza i genitori. Non è accettabile. Devono lasciare andare i civili. Hamas affronta la guerra come l’Isis. Non è una guerra. Si tratta di crimini di guerra ed è così che il mondo deve affrontarlo. Sono anche molto preoccupato per gli ebrei in Europa perché ci sono tante manifestazioni contro di noi ed alcuni Paesi non fanno nulla e lasciano che la gente gridi “uccidete gli ebrei” o “uccidete Israele”. La prossima volta uccideranno i cristiani. Non è solo un problema per gli ebrei. Siamo molto preoccupati per i nostri fratelli in Europa.

     

    Puoi dirci se tu e la tua famiglia avete ricevuto sostegno dalle autorità governative? 

    La mia famiglia è stata ferita psicologicamente. Quando la nostra gente viene ferita, siamo tutti uniti. È così che funziona il popolo ebraico. In questi giorni stiamo ricevendo sostegno da tutto il Paese. Il governo israeliano è ancora molto lento. Penso che siano ancora sotto shock. Voglio anche ringraziare l’Italia. Questi tre giorni sono stati meravigliosi. La comunità ebraica ci è stata vicino e ad ogni incontro, Noemi Di Segni e Victor Fadlun ci hanno aiutato. Anche le persone dell’ambasciata sono state magnifiche, sono entrati tutti nei nostri cuori. Ci hanno resi più forti.

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