Da diversi giorni numerosi volontari provenienti dal mondo dell’high-tech israeliano stanno aiutando l’esercito nella ricerca degli oltre 240 ostaggi tenuti a Gaza dal gruppo terroristico di Hamas. Il coinvolgimento del settore tecnologico alla crisi degli ostaggi è solamente una parte della vasta mobilitazione che si sta verificando in questi giorni estremamente concitati, non solo in Israele ma anche nella Diaspora.
“Il nostro scopo principale è salvare vite umane”, ha affermato Refael Franco, amministratore delegato di Code Blue, una società di gestione delle crisi informatiche, che guida un gruppo di volontari a Tel Aviv. “Raccogliamo. Confrontiamo. Consegniamo”, ha spiegato il CEO israeliano al Times of Israel. All’interno di una “war room” improvvisata i volontari, che hanno unito le loro competenze con l’intelligenza artificiale e piattaforme innovative, trascorrono intere giornate a scandagliare i social media, analizzando ogni singolo post al fine di raccogliere più informazioni sui prigionieri.
Per uno dei volontari intervistati dal quotidiano israeliano, questa è una vera e propria questione personale. Omri Marcus, direttore creativo che lavora a una campagna per combattere la disinformazione, ha tra gli ostaggi un cugino del suo migliore amico. “Guardare la sua foto – ha detto – serve come costante promemoria della missione da svolgere”. “Adesso è a Gaza e dobbiamo riportarlo indietro” ha aggiunto.
“Le persone qui hanno lasciato il lavoro. Ci sono amministratori delegati, direttori tecnici e fondatori di aziende che hanno messo tutto da parte e sono venuti qui ad aiutare”, ha affermato Ido Brosh, un programmatore volontario con esperienza nell’intelligence militare.
“È orribile che questo evento ci abbia reso così uniti, ma questa è anche la bellezza di questo Paese. In tempi di crisi, ci uniamo”.