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    ROMA EBRAICA

    Parashà di Kòrach: Pregare per un miracolo

    In questa parashà di fronte alla ribellione di Kòrach, Moshè si rivolge alla comunità dicendo loro: “… da ciò saprete che il Signore mi ha mandato per fare tutte queste cose, che non le ho fatte di mia volontà. Se costoro moriranno come muoiono tutti gli uomini […] sarà segno che il Signore non mi ha mandato. Ma se il Signore creerà una cosa nuova e la terra si aprirà e li ingoierà con tutto ciò che hanno, ed essi scenderanno vivi nella fossa, sappiate che questi uomini hanno oltraggiato il Signore” (Bemidbàr, 16: 28-39).  Moshè aveva pregato che il Signore facesse un miracolo.

    I commentatori dello Shulchàn ‘Arùkh fanno notare che dalla Ghemarà nel trattatoBerakhòt (60a) appare evidente che sia proibito pregare per un miracolo. Infatti si può pregare che la moglie dia alla luce un maschio o una femmina solo nei primi quaranta giorni della gravidanza quando il sesso del bebè non è ancora definito. Dopo il quarantesimo giorno il sesso del bebè è già determinato e una preghiera per avere un maschietto o una femminuccia è considerata una  preghiera vana perché sarebbe come pregare per un miracolo.

    Uno dei commentatori dello Shulchan ‘Arùkh, r. Chayim Mordekhai Margulies (Ucraina, 1780-1823) in Sha’arè Teshuvà (187:3), scrive che è permesso pregare per un miracolo solo per la comunità d’Israele e non per un singolo individuo. Per questo di Chanuccà o di Purim, inseriamo nella ‘Amidà e nella Birkàt ha-Mazòn (la benedizione dopo il pasto) il brano che inizia con le parole “sui miracoli (‘al ha-Nissìm) e sulle cose straordinarie che hai fatto ai nostri padri…”, al plurale. E se dimentichiamo di recitarlo, possiamo inserirlo alla fine della benedizione per il pasto con le parole: “Il Misericordioso faccia per noi (al plurale) dei miracoli come quelli che fece in questi giorni”. Inoltre è permesso pregare per dei miracoli come quelli per gli Asmonei quando combatterono contro i Greci perché i miracoli furono che “i pochi sconfissero i molti” ma non furono miracoli sovrannaturali. Un’altra eccezione fu il miracolo della fossa che si aprì per ingoiare Korach e gli altri ribelli, perché venne per richiesta di un giusto come Moshè.

    Rav Hershel Schachter (Scranton, 1941-) in Insight and Attitudes (p. 192-3) oltre a citare lo Shulchan ‘Arukh, a riprova del fatto che sia proibito pregare per un miracolo, altro che nei casi  riportati in Sha’arè Teshuvà, racconta che anni fa si trovò a Benè Beràk nella Yeshivà di Ponovezh. In quell’occasione, mentre il pubblico recitava dei Tehillìm (salmi) per un paziente sofferente di cancro per il quale i medici avevano detto che non vi era alcuna cura, rav Yechezkel Levenstein (Varsavia, 1885-1974, Bene Berak), il mashghìach (educatore morale) della yeshivà, non si aggregò a loro perché appunto stavano pregando per un miracolo

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