Sono questi giorni difficili per tutti. Persone care ci hanno lasciato, molti sono ammalati in gravi condizioni, altri sono isolati in attesa di guarigione, tutti quanti immobilizzati e isolati nelle proprie abitazioni. Le attività economiche sono in gran parte bloccate e anche quando usciremo dal tunnel i danni saranno gravi e la ripresa lenta e difficile.
Le nostre comunità devono affrontare, in aggiunta a questi problemi comuni a tutta la cittadinanza, delle difficoltà specifiche. La macchina che è stata messa in moto in tempi brevi e con risorse limitate non è perfetta ma è esemplare per la dedizione di volontari e professionali. In preparazione a Pesach abbiamo affrontato e risolto il problema del reperimento e della distribuzione capillare degli alimenti; per assicurare carne kashèr abbiamo dovuto ogni momento rivedere i nostri programmi tra mille difficoltà. I mezzi digitali di comunicazione sono stati sfruttati al massimo. Esperti di varie discipline, a cominciare dai rabbini, sono in prima fila e continuamente in attività per assicurare la loro presenza con insegnamenti e consigli, e la risposta del pubblico è sorprendentemente positiva. Dobbiamo affrontare il tema della solitudine e dell’isolamento e cerchiamo di farlo con tutti gli sforzi possibili. Di solitudine purtroppo si tratterà specialmente nelle sere dei Sedarìm, ma non si può derogare all’esigenza di tutelare la salute.
Davanti a situazioni nuove e di emergenza è inevitabile fare degli errori, ma bisogna essere cauti. Cauti nel dare informazione, cauti nel valutarla. Siamo bombardati di notizie di ogni tipo e qualcuno potrebbe pensare che se vengono da fonti ufficiali siano automaticamente attendibili. Non è così, anche per l’informazione ebraica. Quando riceviamo le notizie da “esperti” sull’epidemia in corso dobbiamo stare attenti. Abbiamo modi per difenderci. In primo luogo il buon senso. E poi le persone di fiducia. Se a Pesach dobbiamo prendere una medicina, prima chiediamo al nostro medico curante se è necessaria, poi giriamo la domanda al nostro rabbino di fiducia. Dovremmo fare lo stesso quando circolano notizie su quel tale rabbino che avrebbe permesso l’uso di Zoom per il Sèder o la vasca da bagno per il miqwè. L’esigenza di informare su tutto non può prevalere sull’etica dell’informazione completa, controllata e equilibrata e bisogna essere coscienti delle conseguenze, con senso di responsabilità. Molti poi si sono lamentati per la lentezza delle reazioni rabbiniche. Bisogna spiegare che la halakhà ha i suoi tempi di ragionamento ed espressione. E non ci si può approfittare di questo per seminare disinformazione e dire poi in una noterella finale che la halakhà la stabiliscono i rabbini.
Nella nostra comunità e in tante altre comunità italiane siamo vigili, attivi e reattivi alle necessità di questa emergenza. Cerchiamo di aggiungere forze, di collaborare e difenderci dalle minacce di questa guerra. Ciascuno con le sue capacità, con senso critico e con responsabile uso del suo ruolo.
Con l’augurio di refuà shelemà, di guarigione completa a tutti coloro che oggi sono colpiti, e di nechamà, di consolazione per chi ha avuto perdite,
Riccardo Shemuel Di Segni