Sono racconti commossi, strazianti, coinvolgenti: le parole dei familiari degli ostaggi evocano le sensazioni di questi mesi, ricostruiscono le storie personali e colpiscono nel profondo dei sentimenti per quanto accaduto a neonati, bambini, donne e uomini fatti prigionieri dei terroristi di Hamas da oltre 6 mesi. Civili innocenti immortalati dai miliziani durante il rapimento o durante la prigionia con espressioni terrorizzate, sangue sui pantaloni e ferite sui volti e in altre parti del corpo. Le loro sorti sono spesso incerte e i parenti non hanno più avuto notizie dei loro cari da quel sabato d’autunno.
Le testimonianze sono state esposte alla stampa italiana dai parenti di Agam Berger, della famiglia Bibas, di Omri Miran, di Guy Bilboa Dalal e di Tamir Nimrodi, accompagnati in Italia dal ministro degli Esteri israeliano Israel Katz.
“Non sappiamo se siano vivi o morti” ha spiegato in italiano Bezalel Schneider che ha parlato a nome della famiglia Bibas. Bezalel è lo zio di Shiri Bibas, fratello della madre di Shiri, Margit Schneider Silverman, assassinata a Nir-Oz il 7 ottobre assieme al marito e al padre di Shiri, nella loro casa incendiata dai terroristi che hanno lasciato morire soffocati i suoi cari. “Mi fanno pensare ai nazisti” ha commentato Bezalel. Quel giorno, da una casa dello stesso kibbutz, la nipote Shiri (32 anni) è stata presa in ostaggio insieme ai suoi piccoli Ariel (4) e Kfir (1) e al marito Yarden (34 anni).
“È una disgrazia molto grande per la nostra famiglia” ha spiegato Bezalel. Le immagini dei piccoli Bibas, con i loro capelli rossi, in braccio alla madre Shiri, hanno fatto il giro del mondo lasciando tutti con il fiato sospeso dopo che non sono stati inclusi tra gli ostaggi liberati in seguito al primo accordo con Israele, quando donne anziane e bambini sono stati liberati in cambio di prigionieri palestinesi che si trovavano nelle carceri israeliane.
Sono state la cugina e la sorella di Agam Berger, due giovani donne, a parlare di Agam, una ragazza diciannovenne amante del violino e con il sogno della pace. Ashley, cugina di Agam, ha raccontato che un’altra ragazza che era tenuta ostaggio insieme ad Agam, una volta liberata, ha chiamato la loro famiglia per augurare buon compleanno al padre da parte di Agam. È l’unico messaggio che la ragazza è riuscita a mandare alla famiglia da Gaza.
“Sappiamo che le donne hanno subito e stanno subendo violenze sessuali. E se fossero incinte? E se avessero bisogno di un aborto?” si domanda preoccupata Ashley. “Noi siamo abituati al terrorismo e ai missili. Ma questo è un altro livello di malvagità”.
Dani, il padre di Omri Miran (46 anni) ha la barba lunga e bianca. Omri è stato preso in ostaggio dai miliziani di Hamas. Se l’è fatta crescere per sentirsi più vicino al figlio, ipotizzando che i terroristi non gli permettano di radersi. Omri ha due figlie, Roni e Alma, rispettivamente di 2 anni e mezzo e 6 mesi. I terroristi hanno obbligato Omri ad aprire la porta di casa minacciando di ferire Tomer, un suo vicino. Quando lo stavano portando via, la bambina piccola voleva raggiungere il papà. Sua moglie è riuscita solo a dirgli “Ti amo, prenditi cura di te e non essere eroico”. È l’ultima volta che lo ha visto. “Due mesi dopo la piccola ha chiesto alla mamma se Omri è ancora il suo papà” ha detto con le lacrime agli occhi Dani.
Alon, padre di Tamir Nimrodi, ha mostrato ai giornalisti la fotografia del figlio, un ragazzo di diciannove anni, rapito dai miliziani il 7 ottobre. Lo hanno rapito senza occhiali. Del ragazzo non si sa più nulla. La famiglia ha trovato nella sua cameretta un biglietto in cui parla dei suoi 3 grandi obiettivi nella vita: riuscire ad aiutare tante persone, avere un grande gruppo di amici e non ferire nessuno. Tamir è ancora prigioniero a Gaza.
È ancora nelle mani dei miliziani di Hamas anche Guy Gilboa Dalal (23 anni), rapito al Nova Festival. La madre Meriav parla di suo figlio come un ragazzo intelligente, che ama la cultura giapponese, tanto da averne imparato da solo la lingua. Guy suona strumenti musicali e ha sempre tanti amici intorno. Quel giorno era al festival con il fratello Gal, sopravvissuto al massacro.
Gal ha spiegato di aver visto suo fratello in uno dei primi filmati pubblicati da Hamas: “Era legato ed impaurito. È stato rapito insieme ad un suo amico di infanzia, mentre due suoi amici sono stati brutalmente ammazzati”. Una storia straziante di un ragazzo che si era recato al festival per ballare e celebrare la pace e l’amore e che si è invece imbattuto nella violenza e nella cieca crudeltà. “Mi rivolgo ad ogni madre: aiutatemi a respirare ancora per favore!” supplica Meriav.