Quando pensiamo alla situazione miserevole degli ebrei nel Medioevo, ci vengono subito in mente le “Giudecche” o “ Giudee”, zone nelle quali gli ebrei risiedevano, in genere in prossimità di una sinagoga. L’immagine che ci viene in mente è quella del “ giudeo” con il segno distintivo, le accuse rivolte nei suoi confronti della profanazione delle ostie, di avvelenamento dei pozzi e le sanguinose persecuzioni che accompagnavano tali accuse. In realtà, la vita degli ebrei dell’Urbe nell’Età di mezzo era tutt’altro che costantemente negativa ed aleggiava un certo spirito di umorismo unito ad una feconda vita culturale. Parlando di divertimenti, un esempio ci proviene dal giorno dello Shabbat, durante il quale il passatempo preferito degli ebrei era passeggiare all’aria aperta o girovagare sulle rive dei fiumi e dei ruscelli portando con sé un po’ di cibo per i pesci il quale veniva gettato nella corrente come passatempo gioioso. Ovviamente questo tipo di divertimento non era esattamente conforme all’osservanza delle mitzvot (precetti) dello Shabbat ed inoltre di sabato, in violazione delle norme, gli ebrei si dedicavano anche a giochi casalinghi come gli scacchi e ad allegre feste nuziali o di fidanzamento accompagnate da musiche strumentali, canzoni, danze e tanto vino. Le autorità rabbiniche ammonivano severamente – spesso inutilmente – gli ebrei che si dedicavano ai giochi d’azzardo, al libertinaggio e alla caccia, ma ciò non esula dal fatto che a loro era consentito partecipare ai tornei e ad altri esercizi cavallereschi purché questi non producessero crudeltà verso gli animali. Erano consentite le gare podistiche e il gioco della palla nelle strade, vi partecipavano sia uomini che donne. Altri passatempi molto divertenti di natura più intellettuale erano gli intrattenimenti aritmetici come il gioco di “Samech e Pe” durante il quale due ragazzi si sfidavano scegliendo una delle due lettere ebraiche che compaiono frequentemente nel Pentateuco per indicare due paragrafi. Un giovane sceglie Samech, l’altro Pe ed a questo punto il libro della Torà veniva aperto ad una pagina qualsiasi ed il vincitore risultava colui che avesse raccolto più scritti che iniziavano con la stessa lettera. Una riflessione a parte sulle distrazioni gioiose degli ebrei in periodo medievale riguardava la festa di Purim, durante la quale gioia, svago e divertimento si manifestavano in tutte le famiglie ebraiche. Le donne ricamavano facendo preparativi per i prossimi matrimoni mentre gli uomini e i ragazzi si dilettavano in giochi che in altri momenti non sarebbero rimasti impuniti, come ad esempio il gioco del rabbino, durante il quale i giovani indossavano i vestiti e imitavano i modi dei loro insegnanti. Le scenette buffe, i travestimenti, le parodie erano momenti tipici di questa festa gioiosa alla quale tutti partecipavano, grandi e piccoli, corredata da tavole imbandite di cibo e bicchieri di vino, bevuti anche in eccesso provocando allegria e baldoria…. D’altronde a Purim tutto era permesso in un gioco di rovesciamento della realtà quotidiana.
Con il passare del tempo nuove restrizioni e divieti limitarono la vita quotidiana degli ebrei. Nel 1555 fu istituito il Ghetto ebraico a Roma per volere di Papa Paolo IV. In tali difficili circostanze, i rabbini predicavano di non esibire nessuna forma di lusso al fine di non suscitare invidie e malumori presso la popolazione cristiana di Roma. Cosi anche giochi, divertimenti, distrazioni all’interno del cosi detto “serraglio” venivano aboliti. A tal proposito, furono emanate dalla Congrega dei Sessanta, l’organo legislativo del ghetto, le “Pragmatiche”, leggi suntuarie che disciplinavano la vita sociale degli ebrei. Ad esempio, nella Pragmatica del 1726, conservata nell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma “Giancarlo Spizzichino”, si regolamentavano i comportamenti durante i fidanzamenti, i matrimoni e i conviti; nel caso dei fidanzamenti, secondo la Pragmatica, potevano partecipare solo i genitori, i fratelli e le sorelle dei due promessi sposi, nonché gli zii, mentre i cibi permessi erano pochi e scarsamente appetitosi. Si proibivano il ballo, le commedie, le burlette, le rappresentazioni ed inoltre era assolutamente vietato qualsiasi tipo di rinfresco “permettendo solamente il Sabbato antecedente il giorno delle nozze […] biscottini, ò pane di fornaro, con aniso, ò finocchio, e per bevere Vino folamente, e non altro”. Inoltre è interessante notare le vivande permesse in tutti i conviti “[…] un solo allesso, e un’arrosto permettendosi dell’interiori, e rigagli di animali poterne fare antipasto…proibendosi ogni genere di pastumi, e insalate sontuose” ed ancora si proibivano ricami e guarnizioni, erano vietati abiti particolarmente lussuosi nonché giochi di carte, dadi e bocce, sia nel ghetto, sia fuori. In aggiunta che: “tutti quelli che trasgrediranno nella precisa osservanza della presente Pragmatica […] si dichiarano in detta pena di Scomunica.
Concludendo, il solo momento di svago degli ebrei del Ghetto di Roma era rappresentato dalla festa di Purim, caratterizzata oltre che dalle cerimonie in sinagoga, dalla raccolta di denaro per i poveri, dall’obbligo di bere molto e di mascherarsi. La festa probabilmente rappresentava un modo di regolazione simbolica delle ansie e delle inquietudini degli ebrei di Roma.
Tra l’altro, questi momenti festosi erano preceduti dalla emanazione di editti e bolle papali che proibivano festeggiamenti eccessivi: l’uso delle maschere dentro e fuori il ghetto, l’organizzazione di festini, balli e soprattutto il divieto assoluto di ricevere in casa cristiani, minacciando pene severe, corporali e perfino l’intervento dell’Inquisizione.