Nel 1953, a due anni del suo insediamento e in qualità di Rabbino Capo della Comunità Israelitica di Roma, il Prof. Elio Toaff, in occasione del Capodanno ebraico (Rosh HaShanah del 5714, secondo la datazione del lunario coevo) sottolineava alcuni aspetti del valore di questa festività che precedeva lo Yom Kippur, il giorno dell’espiazione dei peccati. Nelle pagine de La Voce della Comunità Israelitica, il Maestro sottolineava l’importanza del sincero pentimento che passava attraverso un profondo esame di coscienza al fine di ripercorrere mentalmente l’anno passato tenendo conto degli errori commessi volontariamente e/o involontariamente, cercando di rimediare ad essi, con l’intento di cambiare vita mediante il recupero delle tradizioni ebraiche e del loro alto valore etico.
Toaff era consapevole che, per quanto concerne il pentimento prima (inteso come atto di riparazione, in ebraico il Tikkun) e il cambio di direzione poi (in ebraico Teshuvà, letteralmente “Ritorno”, ovvero la redenzione individuale o collettiva), le trasformazioni non potevano avvenire in tempi brevi ma che, in ogni caso, andava dato inizio a un nuovo percorso virtuoso di vita, anche tenendo conto del ruolo importante che l’ebraismo ha sempre svolto nella storia dell’umanità.
A questo proposito, va sottolineato che al momento della pubblicazione del suo contributo era passato poco tempo dal giorno in cui il Nostro aveva raccolto le redini di un grandissimo Maestro, Rav David Prato, che aveva guidato la ricostruzione di una collettività dilaniata e scioccata dalle leggi antiebraiche, dalla guerra, dalle deportazioni e finanche dalla conversione al cattolicesimo del suo predecessore. Tuttavia, il recupero dal trauma e dalle difficoltà materiali derivanti delle immani tragedie subite era ancora di là da venire ed era necessario dare un’indicazione chiara su come procedere, tenendo ben presenti le finalità di un gruppo culturale perseguitato nonostante il suo enorme contributo fornito a tutti i territori dove era vissuto e dove ancora risiedeva.
Venendo ai nostri giorni questo insegnamento è ancora valido non solo alla luce dei traumi subiti successivamente al secondo conflitto mondiale (quest’anno è il quarantesimo anniversario dell’attentato al Tempio Maggiore di Roma del 9 ottobre 1982) ma anche in relazione a quelle che sono state le dinamiche interne alla nostra comunità da allora sino ai giorni nostri.
Negli ultimi decenni abbiamo spesso assistito non solo al confronto fra idee diverse ascrivibili alle varie componenti della collettività ebraica capitolina, ma, purtroppo, abbiamo constatato che tali confronti si sono trasformati (troppo spesso) in veri e propri scontri ideologici e, talvolta, in “faide” personali. In queste circostanze sono stati scimmiottati i peggiori modelli politici italiani e i peggiori comportamenti pubblici. L’uso dei social media ha spesso amplificato questi aspetti deteriori.
Fortunatamente, ancora la maggioranza dei membri della nostra comunità si sottrae a queste logiche perverse ma è il caso di imprimere una spinta contraria a queste tendenze negative attraverso una riflessione profonda.
Tutto questo tenendo conto che certi atteggiamenti allontanano dalla vita ebraica collettiva non poche persone e che i nemici di Israele si sono sempre avvantaggiati delle divisioni interne al popolo ebraico.
Claudio Procaccia – Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma “Giancarlo Spizzichino”