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    Convegno sul 9 ottobre ’82. Molinari: “Fare chiarezza è strategico. Non conoscere significa permettere all’odio di ripetersi”

    Con il primo panel “L’attentato: cosa sappiamo e cosa resta ancora da chiarire” sono iniziati i lavori del convegno “9 OTTOBRE 1982 – L’attentato alla Sinagoga di Roma 40 anni dopo”. Moderato dal direttore di Shalom Ariela Piattelli, al panel sono intervenuti la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, il prefetto Franco Gabrielli, il direttore di Repubblica Maurizio Molinari e l’avvocato Joseph Di Porto.

     

    La presidente Dureghello, ricordando come la Comunità Ebraica di Roma abbia sempre denunciato il fatto che non si sia mai arrivati ad una verità storica, ha sottolineato quanto sia doveroso andare avanti nella ricerca di giustizia. Mentre in un excursus che passa dai fatti, i documenti e gli atti del processo, l’avvocato Di Porto ha esposto quali siano le zone d’ombra, i punti oscuri, su cui fare luce e l’esigenza di continuare nelle indagini.

     

    “Nelle carte di indagine non emergono interrogatori nei confronti dei brigatisti, considerati dai servizi segreti – come riportato dalle informative – come possibili collaboratori con il terrorismo palestinese”. Infatti secondo quanto esposto dall’avvocato, anche lo stesso processo è pieno di interrogativi: Al Zomar venne condannato solo sulla base della testimonianza della sua compagna ai tempi. “La sinagoga è 100 metri dal Ministero delle Giustizia, a 150 dal Campidoglio eppure quel giorno in tutta l’area circostante non vi erano le forze di polizia. – ha aggiunto – Questo permise non solo ai terroristi di fare l’attentato, ma anche di fuggire indisturbati”.

     

    Il prefetto Gabrielli ha sottolineato come non fu casuale la scelta di quel giorno per fare l’attentato, che con sé porta “un lascito e ci da un monito ed apre ad alcuni interrogativi”.

    “Il lascito è il cambiamento nell’atteggiamento delle istituzioni con le comunità ebraica, – ha spiegato – che ora è oggetto di particolare attenzione, che in altre parti di Europa non c’è”.

    “Bisogna pretendere la verità per quello che è successo e c’è la necessità di dover stare attenti a quello che sta accadendo adesso” ha continuato lanciando un monito: “la guardia deve essere alta, l’attenzione deve essere alta”, perché l’attentato fu frutto di un clima di odio e soprattutto di indifferenza, che sta tornando.

     

    “Siamo di fronte alla necessità di un accertamento per la verità – ha affermato il direttore Repubblica Molinari – perché mantenere gli interrogativi che ruotano attorno alla vicenda aumenta il rischio che quanto è successo 40 anni fa possa riaccadere”. Secondo il direttore bisogna guardare all’attentato come una delle manifestazioni nella storia dell’antisemitismo in Italia: la sua lezione è che “non punire, non comprendere, significa rischiare che si ripeta, che germogli il seme dell’odio. È strategico e decisivo fare chiarezza, dove è nel fare chiarezza e portare conoscenza che si esercita il dovere della giustizia”.

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