Alberto Sed è uno dei pochissimi sopravvissuti alla Shoah che ancora oggi possono testimoniare e raccontare il più grande crimine che l’uomo abbia commesso. Alberto per la comunità ebraica romana non è solo un ‘testimone‘ è un esempio di dignità, umanità, di coraggio e di forza d’animo volendo continuare, nonostante l’età e gli acciacchi della salute, a incontrare i giovani e le scolaresche.
La sua storia di enormi sofferenze patite nel campo di sterminio di Auschwitz (dove fu deportato alle età di 13 anni, insieme alla madre e tre sorelle) è diventata pubblica solo pochi anni fa, grazie ad un libro – ‘Sono stato un numero’, edito da Giuntina, scritto dal colonnello dei Carabinieri, Roberto Riccardi – dove il lucido racconto è privo però di odio o di rabbia, o di voglia di vendetta nei confronti dei carnefici e degli aguzzini. Sono pagine pesantissime nelle quali Alberto Sed descrive con apparentemente freddezza le atrocità commesse dai nazisti che per puro passatempo la domenica facevano sbranare dai loro cani i detenuti (in questo modo orrendo morì sua sorella Angelica) o quando un SS costrinse un suo compagno a lanciare in aria un bimbo di pochi mesi per colpirlo “come fosse al poligono di tiro”. Da quel giorno e per il resto della sua vita Alberto – nonostante che abbia avuto figli, nipoti e pronipoti – non è mai più riuscito a prendere un bambino in braccio. È un libro che si interroga su come l’uomo possa infliggere tanta sofferenza e tante atrocità, mostrando di Alberto Sed l’animo limpido e buono che si apre con gioia alla gratitudine verso coloro che Sed ha incontrato in quell’inferno e che, in un modo o in un altro, si sono prodigati per salvargli la vita.
Questo sentimento di bontà, di gratitudine verso tutti coloro che lo amano, Alberto lo ha oggi manifestato con commozione alle centinaia di persone, parenti, amici, ma anche tantissime scolaresche, che hanno voluto festeggiarlo a sorpresa, nei locali della sinagoga di Monteverde, per i suoi 90 splendidi anni.
È stato un compleanno sui generis perché allegria, commozione e l’importanza della memoria e del ricordo come elementi essenziali dell’identità ebraica, sono stati al centro di tutti gli interventi, fra i quali quelli del rabbino capo Rav Riccardo Di Segni, del presidente della Comunità Ruth Dureghello, dei rabbanim Vittorio Della Rocca e Roberto Colombo. Tanti auguri caro Alberto per noi non sei mai stato il numero A-5491. Sei una straordinaria e splendida persona.