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    ROMA EBRAICA

    “Abbiamo vinto perché Dor va Dor è lo specchio della Comunità. Io sono il presidente di tutti” – Intervista a Victor Fadlun

    Ci sono due ragioni per le quali le elezioni di domenica 8 giugno 2025 per il rinnovo del Consiglio della Cer, segnano un risultato che non conosce precedenti nella storia della Comunità Ebraica più numerosa d’Italia: l’affluenza ha raggiunto il 44% degli aventi diritto al voto e la lista Dor va Dor, guidata da Victor Fadlun, è stata votata dal 58,2% degli elettori. Si tratta di numeri mai visti prima e importanti in termini di partecipazione. “Dor va Dor è lo specchio di una Comunità con molte anime, storie e opinioni diverse, ma unita dall’identità ebraica e dal legame con Israele”. Così il Presidente Fadlun descrive il DNA del suo schieramento che ha sbaragliato alle urne della Cer, spiegando, in un’intervista a Shalom, come questo rappresenti l’incontro di mondi differenti.

    Presidente, la tornata elettorale che si è appena conclusa e che la riconferma alla guida della Comunità Ebraica di Roma, rappresenta un unicum nella storia della Cer. Come interpreta questo risultato?

    Il risultato più incoraggiante e che mi rende più felice è quello della partecipazione. Anche negli ultimi appelli al voto, ho preferito concentrare l’attenzione sulla necessità di riaprire le porte della Comunità a tutti i suoi iscritti, ritrovare insieme quello spirito di unità e condivisione che è necessario soprattutto in momenti difficili come quello attuale. Cresce l’odio antiebraico nel mondo, compresa l’Italia. C’è una diffusa e preoccupante ostilità che è anche il frutto di vecchi istinti antisemiti nel discorso pubblico sulla guerra di Gaza. La Comunità, per reagire, deve essere forte e coesa. Abbiamo il nostro punto di riferimento morale e religioso che è il Rabbino Capo, Riccardo Di Segni. Quanto a me, interpreto il mio ruolo nell’ambito politico e di gestione della Comunità solo come presidente di tutti. Il risultato elettorale dimostra che questo spirito è stato compreso. Oggi la nostra Kheillà è più unita che mai. Intendo rappresentare non il 58% per cento di iscritti che ha votato Dor va Dor, ma tutti i nostri fratelli e sorelle. E il mio massimo desiderio è che tutti si sentano parte della Comunità e nessuno venga mai lasciato indietro.

    All’inizio del suo percorso elettorale, due anni fa, la sua lista era identificata soprattutto come la voce dell’ebraismo di Roma di origine libica. Oggi la sua squadra comprende volontari di varie provenienze ed estrazione diversa. Lei ha detto di riconoscersi nella definizione “presidente di tutti”. Cosa vuole dire esattamente?

    Questo è un punto fondamentale. La nostra lista Dor va Dor era lo specchio di una Comunità con molte anime, molte storie, molte opinioni diverse, ma unita dalla sua fortissima identità ebraica e dal legame con Israele. I nostri candidati erano romani e di origine libica nella stessa misura. Donne e uomini, giovani e anziani. Esponenti delle professioni più disparate. Volti storici della Comunità e figure che per la prima volta ritenevano di doversi mettere in gioco per il bene comune. Anche l’idea di integrare maggiormente la rete della Sinagoghe nella vita e gestione comunitaria risponde a un indirizzo di unità. L’altro pilastro è il Hesed come obiettivo primario. La valorizzazione della competenza, del merito e in generale della capacità gestionale, insieme alla necessaria riforma e aggregazione degli Enti ebraici, serviranno a ottenere più risorse dal patrimonio comunitario, da impiegare nei servizi sociali per tutti i membri della CER, in particolare per le persone fragili, gli anziani e i giovani. In questo senso va proseguito il dialogo con le charity e entità ebraiche internazionali, per aprire sempre di più la nostra Comunità al mondo e renderla centrale in Europa. La nostra amata CER dovrà diventare un esempio per tutti. Partiremo dall’ammodernamento e dalla riorganizzazione delle nostre scuole, per dotare i nostri figli, indipendentemente dalle condizioni di partenza, degli strumenti didattici e strutturali migliori per affrontare il mondo con successo.

    Dal progetto scuola alle contingenze che la Cer vive nel momento più difficile dal dopoguerra, iniziato con il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023. Quale è la sua ricetta per cambiare e migliorare la comunità di Roma malgrado le difficoltà oggettive dettate da tempi difficili?

    Penso a un progetto concreto importantissimo, che è il salvataggio e il rilancio dell’Ospedale Israelitico, una eccellenza assoluta che è anche l’unico nosocomio ebraico d’Europa. Quando siamo arrivati nel 2023, ci siamo trovati di fronte a una situazione disastrosa, che abbiamo raddrizzato con il supporto di tutta la Giunta precedente, attraverso la nomina di un Commissario e l’avvio di un percorso di concordato che sta via via superando tutte le prove. La vicenda dell’Ospedale è stata anche il banco di prova di un modo di rapportarsi della nostra presidenza alla Comunità nel suo insieme, basato sulla trasparenza e l’accountability. La Consulta è diventata il luogo della condivisione delle principali questioni comunitarie con l’assemblea degli iscritti. Gestire la Comunità comporta onore e oneri, assumerne la responsabilità e poi risponderne agli iscritti e agli elettori. Questa è la vera partecipazione, che non si riduce al giorno in cui si vota ma dovrà accompagnare tutto il nostro lavoro di quattro anni.

    Insieme a lei in Consiglio siederanno gli eletti della sua squadra di Dor Vador e quelli delle altre due liste, Lev Echad e Ha Bait, che alle urne hanno raggiunto rispettivamente il 28,36% ed il 13,22% di consensi. Lei si è più volte appellato all’importanza dell’unità per guardare al futuro. Crede che il Consiglio nascente della Cer che lavorerà nel segno della sua leadership, potrà perseguire obiettivi comuni? Quale è il suo messaggio a chi farà parte del prossimo Consiglio?

    La prima dichiarazione che ho fatto come capo della lista che ha vinto con una percentuale altissima, dopo una campagna elettorale molto intensa, è stata una dichiarazione di unità che riconosce la guida morale e spirituale del Rabbino Capo e si rivolge a tutti gli iscritti e naturalmente anche alle altre liste, che rappresentano una parte significativa della nostra Kheillà e che pur avendo opinioni diverse su come gestire la casa comune, sicuramente hanno a cuore il bene di tutti. Da parte mia, mi impegno ad ascoltare e a tenere conto di tutte le sensibilità e le opinioni presenti. Auspico un clima sereno e di collaborazione istituzionale nel segno del cuore unico e della casa comune, ma che sia impegnato a creare le condizioni di un futuro luminoso per le nostre generazioni.

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