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    Verso il domani

    Finalmente dopo il peregrinare infinito per l’Expo, arriviamo al Padiglione Israele. Lì incontriamo Menachem Gantz, portavoce di Israele all’Expo di Dubai e ci spiega come è fatta la struttura. “Al contrario di tutti gli altri padiglioni che sono chiusi, il nostro è l’unico aperto. È stato costruito un anno e mezzo prima degli accordi di Abramo. Volevamo ospitare tutti, soprattutto i visitatori che provengono da paesi con cui Israele non ha relazioni diplomatiche. Abbiamo quindi pensato a una tenda nel deserto che rappresenta un posto sicuro in cui chiunque può entrare, non si chiede in mezzo al deserto chi è o da dove proviene, ma lo si accoglie. Volevamo porre l’attenzione sul fatto che ciò che ci unisce è molto più grande di quello che ci divide. All’esterno abbiamo scelto di rappresentare le dune sormontate da sette porte-schermi che mostrano il contributo di Israele all’umanità: tecnologia, innovazione, medicina, cybersecurity, trasporto, energia. Gli studi che facciamo non sono soltanto per il nostro piccolo paese, ma per tutta la comunità internazionale. Salendo per le dune si arriva alla frase che rappresenta il nome del padiglione: Verso il domani, scritto con un carattere nuovo, l’Aravrit che unisce ebraico e arabo, El ama akhar” dell’artista Liron Lavi Turkenich”.

     

    Non ci resta che entrare. Le persone in fila attendono all’ombra e vengono intrattenute con una serie di domande stile Trivial Pursuit su Israele. La scelta è tra due risposte da votare con un applauso, il presentatore nel video rivelerà se è giusta o sbagliata. Tra le domande, quali sono i siti religiosi di Israele, quanti sono i membri del parlamento, ecc… Poi si entra nella sala dove si assiste a un video in cui il messaggio è: la diversità fa la forza. “Siamo un paese dove ognuno viene da parti differenti con diverse culture e se ognuno mantiene la propria nota e il proprio ritmo si crea insieme l’armonia della musica di domani”, spiega Gantz. Ma quante persone visitano il padiglione Israele? “Viene da noi il 10 per cento dei visitatori – ci spiega Ganz- siamo arrivati circa a mezzo milione, 5-6mila al giorno, nel week end raddoppiamo”. Per il Sole24ore, il padiglione italiano ha superato i 600mila, quindi quasi la stessa cifra per un paese ben più grande.

     

    “Siamo la novità – ci spiega Gantz – i media ci chiamano La nuova bionda del quartiere perché attiriamo l’attenzione del mondo arabo. Vengono a farsi selfie con bandiera di Israele, è una cosa meravigliosa. Ma c’è anche un altro aspetto divertente. All’Expo, c’è l’usanza di ricevere il passaporto dell’esposizione dove farsi mettere i timbri dei padiglioni dei paesi che si visitano. È fantastico vedere la coda degli arabi e delle donne con il chador per farsi mettere il timbro israeliano. Per decenni gli europei e gli americani ci hanno chiesto di evitare di farsi mettere il timbro sul passaporto perché non potevano andare nei paesi arabi. Adesso, invece, ironia della sorte guarda che succede…” Quali sono gli episodi più interessanti? “Sono stato fermato da un ragazzo dell’Arabia Saudita che mi ha detto di essere il primo ebreo che incontrava in vita sua. Un’altra donna mi ha chiesto se ci fossero musulmani in Israele e le ho risposto: sì, c’è anche un ministro. La signora mi ha poi detto di essere iraniana e si ricordava i giorni in cui il suo paese aveva rapporti diplomatici con noi”. Insomma, ci spiega Menachem Ganz, “c’è molto interesse e una volta che le persone sono all’Expo vengono a visitarci. Per i popoli arabi, vedere quello che Israele e gli Emirati Arabi hanno fatto insieme è un messaggio di speranza. E si chiedono se anche loro un giorno potranno andare come questi due paesi Verso il domani”.

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