Il negazionismo in Ungheria è molto più frequente rispetto all’Europa Occidentale. Lo riporta un recente studio della federazione ebraica ungherese Mazsihisz. Un fenomeno paradossale, se si considera il passato del paese, ma che è strettamente legato, secondo quanto riportato nello studio, al suo presente. Anche da un punto di vista politico.
Tra il 2019 e il 2020, gli incidenti antisemiti sarebbero stati inferiori in Ungheria, rispetto a Gran Bretagna, Francia e Germania (il numero è comunque in aumento rispetto al 2015). Sono stati registrati 53 atti antisemiti nel 2019, mentre sono 70 nel 2020. Sono soprattutto altre forme di antisemitismo a preoccupare, come l’incitamento all’odio e il negazionismo, che sono in aumento.
La federazione Mazsihisz ha rilevato una preponderanza di incidenti antisemiti “legati alla presentazione unilaterale di alcuni eventi storici che preoccupano l’ebraismo” e alla riabilitazione di “figure storiche apertamente antisemite, di estrema destra”. In aumento rispetto al 2006 la percentuale di ungheresi che nei sondaggi condividono posizioni revisioniste, come le affermazioni
“durante la guerra, gli ungheresi non ebrei hanno sofferto tanto quanto gli ebrei” o “il numero delle vittime tra gli ebrei è stato molto inferiore a quanto generalmente affermato”.
Un ruolo fondamentale in questo preoccupante scenario ce l’ha l’estrema destra e la politica in generale, che plasmerebbe, secondo quanto rilevato dal rapporto, l’atteggiamento dei cittadini ungheresi rispetto alla presenza ebraica (gli ebrei ungheresi sono circa 100.000) e alla sua storia.