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    Ucraina. Il presidente del B’nei B’rith di Černivci: “La situazione sta precipitando”

    Vadim Kolotushkin dal 2019 è Presidente del B’nei B’rith di Černivci, città dell’Ucraina occidentale. «Siamo preoccupati, non possiamo escludere una invasione su vasta scala, ma i nostri cuori non vogliono credere in una guerra continentale. Cerchiamo di mantenere la mente fredda» racconta Vadim. «Ora nella nostra città la popolazione è abbastanza nervosa. Vicino a tutte le banche ci sono file di clienti che vogliono ritirare soldi dai propri conti correnti. Le persone stanno comprando più cibo possibile e altri beni. Gli ospedali hanno chiuso ai civili. Abbiamo avvertito i membri della nostra loggia e della nostra congregazione di stare insieme e gli abbiamo chiesto come si siano preparati per la carenza di cibo, per la possibile interruzione dell’elettricità e per il rifornimento di gas. Ora preghiamo per la pace. Bivracha-u- kol -tov! ».

     

    La comunità ebraica locale ha ricevuto una richiesta da quella di Kiev di accogliere alcuni giovani ebrei a Černivci e sta cercando a trovare alcuni appartamenti per ospitare i ragazzi che proveranno ad  arrivare il prima possibile dalla capitale. 

     

    Il presidente del B’nei B’rith ritiene di avere una «grande responsabilità morale», di dover dar voce agli ebrei di Černivci per far conoscere la situazione degli ebrei ucraini in questo periodo.

     

    Černivci ha una lunga storia: prima della proclamazione dell’indipendenza dell’Ucraina nel 1991, ha fatto parte dell’impero austro-ungarico, del  Regno di Romania dopo il 1918, e poi dell’ex- URSS. «La popolazione ebraica ha radici molto profonde nella nostra città». Durante l’impero austro-ungarico gli ebrei rappresentavano circa la metà della popolazione della regione. Prima della seconda guerra mondiale, qui vivevano circa 50.000 ebrei. Oggi ci sono solo 800 ebrei, suddivisi in una decina di comunità diverse.

     

    Vadim ricorda la spensieratezza della sua vita di studente di ingegneria a Mosca alla fine degli anni Settanta: «ho sviluppato una buona formazione, soprattutto in matematica, e mi è stata utile per per  tutta la vita. Negli anni Settanta sono iniziate ondate migratorie a causa delle restrizioni per gli ebrei nell’ex- URSS. Per esempio il numero di studenti ebrei nelle università era limitato dalle autorità così come la possibilità per loro di fare carriera. Non era ufficialmente vietato, ma silenziosamente. Agli ebrei non era permesso di raggiungere delle buone posizioni nella società. Per esempio, se un ebreo era un maestro non sarebbe potuto diventare preside della scuola. Questo ha portato gli ebrei a pensare di emigrare». Oggi teme che con l’invasione russa si possano ripetere eventi analoghi.

     

    «Speriamo in scenari diversi. Qualcuno spera che l’esercito romeno arrivi nella nostra regione e che finiremo sotto il controllo delle autorità rumene. Un’altra possibilità, secondo altri, è che l’esercito russo invada solo una parte del paese. Non sappiamo cosa aspettarci. Ci stiamo comunque preparando. I sopravvissuti alla Shoah qui mi hanno detto che anche nell’estate del 1939 nessuno pensava alla guerra. Quell’estate era stata molto bella le donne indossavano bei vestiti e c’era del buon cibo. Non si pensava alla guerra». Molti membri della comunità ebraica di Černivci  hanno parenti in Russia e secondo lui la maggior parte dei membri della comunità ebraica in Russia «non sostiene la guerra».

     

    Come in altre parti dell’Ucraina anche a Černivci si stanno raccogliendo viveri e quanto può essere necessario nel caso che l’esercito russo raggiunga la città. Il B’nei B’rith aiuta anche i sopravvissuti alla Shoah della città grazie all’aiuto della Gamraal Foundation, fondata da Anita Winter,  figlia di sopravvissuti. Oggi a Černivci risiedono 22 sopravvissuti, solo un anno fa erano 40.

    «Chi voleva lasciare l’Ucraina, lo ha già fatto» prosegue, raccontando che sono stati principalmente i più giovani a partire «soprattutto gli anziani non sono pronti a partire perché  tutta la loro vita è qui in Ucraina. Non è facile lasciare il posto dove hai trascorso tutta la vita».

     

    Nel frattempo però qualcuno è arrivato dall’Est Ucraina. A Černivci sono state accolte per ora anche 7 famiglie ebraiche «stiamo cercando di aiutarle ad integrarsi».

     

    Il presidente del B’nei B’rith parla di un forte antisemitismo locale non punito dalle autorità, con numerose aggressioni antisemite e anche un omicidio nel 2019. Vadim ha predisposto un lungo report: il 18 ottobre del 2018 il Signor Alexander Abramowitsch è stato brutalmente picchiato e ha dovuto trascorrere 21 giorni in ospedale a causa di gravi ferite e della frattura di ossa della faccia. Il Signor  Alexey Kofmansky è stato trovato morto alle 5 del mattino del 17 gennaio del 2019 vicino ai binari della ferrovia, sotto un ponte. È stato strangolato. Il signor Kofmansky era il solo erede del rabbino Noah Kofmansky. Lo scorso gennaio qualcuno al buio ha spinto un uomo della Comunità da dietro, che cadendo ha colpito il marciapiede e ha riportato numerose fratture. L’evento lo ha devastato psicologicamente. Sempre a Gennaio 2022 è seguito un altro episodio.

     

    La sinagoga che Vadim frequentava, protetta sia dal servizio di sicurezza statale sia da guardie private, è stata attaccata ed è occupata dall’8 agosto del 2018. Gli occupanti non sarebbero stati fermati dalla polizia, hanno distrutto l’ambiente con il mikve, la cucina, hanno anche danneggiato rotoli della Torah. Tutto, le channukiot, i siddurim, i  machazor, i tehilim, i volumi del talmud, i tallit, le menorot sono ancora nelle mani degli occupanti, a quanto riferisce Vadim, e la comunità non è riuscita a rientrarne in possesso. L’ingresso alla sinagoga è oggi proibito ai membri della comunità ortodossa che sono quindi stati costretti a trovare una alternativa: «Ora preghiamo in un appartamento al primo piano di un palazzo, ma abbiamo ricevuto l’invito dal servizio di sicurezza statale di non portare la kippà. Pensano che coprirsi sia una sorta di cospirazione».

     

    La sede del B’nei B’rith di Černivci è stata attaccata 12 volte e lo stesso Vadim è stato aggredito e spinto in una buca profonda più di 3 metri. «A settembre del 2020 è iniziata una investigazione sugli attacchi alla nostra sede, non per quelli alla sinagoga, e ancora non abbiamo risultati».

     

    Fino a ieri la guerra sembrava ancora lontana da Černivci, e limitata alle regioni orientali. La situazione è invece cambiata: «i cambiamenti nella vita quotidiana sono oggi davvero molto significativi. La situazione sta peggiorando» dice Vadim, che conclude: «La città è in silenzio. Ci sono pochi pedoni per strada e qualche auto. Non riesco a ricordarmi un tale silenzio.»

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