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    TERRORISMO: JIHADISTI QUADRUPLICATI DAL 2001, 230MILA PRONTI A COLPIRE

    Lo Stato Islamico sarà pure stato sconfitto militarmente in Siria, come ha detto Donald Trump annunciando il ritiro delle truppe americane, ma il movimento jihadista globale “è vivo e vegeto”. Dopo quasi “un ventennio” di guerre antiterrorismo condotte a livello globale dagli Usa e dai suoi alleati, oggi ci sono nel mondo “quattro volte tanto combattenti jihadisti salafiti” rispetto all’11 settembre 2001. Il loro numero è stimato in circa “230mila”, distribuiti in una settantina di Paesi, con “la parte del leone che tocca alla Siria, all’Afghanistan e al Pakistan”. A sottolinearlo è Colin Clarke, ricercatore dell’International Centre for Counter-Terrorism dell’Aja (Icct), del Soufan Center e della Rand Corporation, in una ‘Prospettiva’ sul futuro del terrorismo jihadista pubblicata dal centro olandese, “The Future of the Global Jihadist Movement After the Collapse of the Caliphate”. Lo Stato Islamico, ricorda, controlla oggi solo l’1% del territorio che governava all’apice della sua parabola, nel 2014-15, prima che Washington e Mosca trovassero l’accordo per schiacciarlo militarmente. Ma anche se il movimento jihadista è oggi “più frazionato e diviso che mai”, osserva Clarke, i numeri indicano che gode di buona salute ed è tutt’altro che sconfitto. L’Aivd, il servizio segreto olandese, arriva alla stessa conclusione in un recente rapporto dedicato alla Siria (“Syria’s Legacy”), stimando a 500 il numero dei sostenitori dell’Isis nei Paesi Bassi, cui vanno aggiunte “diverse migliaia di simpatizzanti”. Per gli 007 olandesi, “malgrado abbia perso il suo Califfato”, l’Is è “ben lungi dall’essere definitivamente sconfitto”. 

    L’organizzazione si è trasformata in un “movimento clandestino”, che si prepara a “risorgere”, nel tentativo di “restaurare il Califfato cui aspira”. L’Is “mira tuttora a condurre attacchi in Occidente o a far sì che i suoi sostenitori portino a termine attacchi”. E ora che gli Usa hanno annunciato il loro ritiro militare dalla Siria, lasciando campo libero alla Turchia, suona ancora più significativa l’analisi dell’intelligence olandese, che precede l’annuncio di Trump: “L’Is e Al Qaeda – osservano gli agenti olandesi – utilizzano la Turchia come base operativa strategica”. Da qui, pertanto, “l’Is può riprendersi e riorganizzarsi”. In più, continua l’Aivd, l’Is “sfrutta la relativa pace in Turchia per rinvigorire le ambizioni internazionali che tuttora conserva”. E il fatto che gli interessi turchi “non corrispondano sempre alle priorità europee” nel campo dell’antiterrorismo “è un problema: sebbene i turchi agiscano contro l’Is e contro al-Qaeda, danno la priorità alla lotta contro il Pkk”, il Partito dei lavoratori del Kurdistan. Pertanto, in Turchia “entrambe le organizzazioni hanno sufficiente spazio e libertà di movimento per sostentarsi”. Negli ultimi vent’anni, ricorda ancora Clarke, gli analisti hanno ripetutamente previsto, sbagliando, la sconfitta del movimento jihadista: lo hanno fatto quando gli Usa hanno dichiarato guerra globale al terrorismo, dopo la morte di Osama Bin Laden e ancora dopo la presa di Mosul e di Raqqa. Tuttavia, spiega, il movimento jihadista è un movimento sociale transnazionale, tenuto insieme dall’idea che la Ummah, la comunità dei fedeli, deve fronteggiare una serie di attacchi dall’Occidente su diversi fronti. E sia l’Isis che al Qaeda, avverte, “potrebbero trarre vantaggi da potenziali shock esogeni al sistema, come un’altra crisi finanziaria globale, che, in un mondo di risorse limitate, impatterebbe direttamente la capacità degli Stati-nazione di contrastare questi gruppi”. 

    Per Clarke sono “elevate” le probabilità che lo Stato Islamico si ricostituisca, e “quasi certamente lo farà in Iraq e in Siria, in aggiunta ad altre potenziali zone”. L’Aivd arriva a una conclusione simile, quando osserva che in Iraq “le circostanze locali, che hanno già dato all’Is lo spazio per prosperare, rimangono praticamente invariate”. 

    In definitiva, comunque, secondo Clarke “il futuro del movimento jihadista globale probabilmente assomiglierà al suo passato, con gruppi divisi di militanti dispersi in vari campi di battaglia, dal Nordafrica all’Asia Sudorientale. Si getteranno in guerre civili, costruiranno rifugi e santuari, cercando di condurre attacchi spettacolari in Occidente che attraggano nuovi seguaci”. E, in questa forma “atomizzata e frammentata”, l’Is potrebbe diventare “ancora più pericoloso”. Anche se i foreign fighters rientrano in Europa in numeri “molto più ridotti di quanto inizialmente previsto” (per l’Aivd, su 310 persone partite per Siria e Iraq dall’inizio del conflitto, in 55 hanno fatto ritorno in Olanda), i prossimi cinque anni “potrebbero essere benissimo caratterizzati da un’impennata degli attacchi”. Il servizio segreto olandese arriva a conclusioni simili: la minaccia terrorista jihadista, osservano gli 007 dell’Aja, “è diventata una parte della nostra società”. Sia l’Is che Al Qaeda “restano fermamente determinati a condurre attacchi in Occidente o a far sì che i loro sostenitori conducano questi attacchi”. Per l’Aivd, è questo il “new normal” nel quale gli europei devono abituarsi a vivere, anche se la realtà italiana resta a tutt’oggi diversa, grazie al lavoro degli apparati di sicurezza e e di intelligence. (Tog/Adnkronos) 

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