Una minaccia che “non ha in realta’ mai conosciuto flessioni”. Sono i nostri servizi di intelligence, nella loro ultima relazione al Parlamento, a definire cosi’ il terrorismojihadista. Una valutazione contenuta anche nel Rapporto Onu divulgato oggi e basata soprattutto – secondo i nostri Servizi – sulle “numerose allerte su pianificazioni terroristiche da realizzare in Occidente o, comunque, contro obiettivi occidentali, ad opera di singoli, micro-nuclei o cellule strutturate, delle quali e’ satto piu’ volte segnalato, nel corso del tempo, l’approntamento in modalita’ ‘dormiente’ anche in ambito europeo”. Molti dei rischi appaiono legati all’eventuale ritorno dei cosiddetti ‘foreign fighters’ stranieri: secondo le ultime stime, quelli presenti nell’area siro-irachena sarebbero almeno 8 mila, dei quali almeno 2.600 europei dello spazio Schengen: flussi di individui o di gruppi familiari sono stati registrati in uscita in direzione di Nord Africa, Asia meridionale, Repubbliche centro asiatiche e Sud-Est asiatico, oltre che nel Vecchio Continente, dove i returnees sarebbero circa 1.700, dei quali 400 nei Balcani: la pericolosita’ del fenomeno – concordano gli analisti – piu’ che nei numeri “risiede nel profilo stesso dei reduci, potenziali veicoli di propaganda e proselitismo, nonche’ portatori di esperienza bellica e di know-how nell’uso di armi ed esplosivi”. I foreign fighters ‘italiani’ – di passaporto, o perche’ hanno avuto a che fare in un modo o nell’altro con il nostro Paese – non arrivano a 150: una cinquantina sarebbero morti sul campo, alcuni sono detenuti nei campi siriani, altri sono rientrati o potrebbero rientrare ma i loro spostamenti sono monitorati con estremo interesse: “e’ massima l’attenzione nei controlli frontalieri – ha assicurato di recente il ministro dell’Interno, Matteo Salvini – presso le zone geograficamente piu’ esposte”. In Italia, pur in assenza di segnali specifici, il livello di allerta del Viminale resta il ‘2’, quello immediatamente precedente l’attacco in corso: tra luoghi delle istituzioni, ambasciate, consolati, luoghi di culto, centrali elettriche, stazioni, aeroporti e ‘soft target’ sono migliaia gli obiettivi potenzialmente a rischio vigilati dalle forze dell’ordine: nel solo 2018, secondo il report annuale della Polizia di Stato, sono stati mediamente 24.696, dei quali 23.805 in forma generica, 593 in forma dinamica e 298 in forma fissa. Importante il contributo garantito in tal senso dagli oltre 7 mila militari impegnati nell’operazione “Strade sicure”.