“Sorpreso non direi. Sono 40 anni
che attendiamo risposte e in cuor nostro sappiamo che qualcosa di non rivelato
quel giorno, nei precedenti e successivi all’attentato, era avvenuto”, così il
vicepresidente della comunità ebraica di Roma, Ruben Della Rocca, commenta
le nuove rivelazioni del quotidiano La Repubblica sulle connessioni tra
l’attentato alla Sinagoga di Roma, il 9 ottobre dell’82 dove perse la vita il
piccolo Stefano Gaj Taché e furono ferite 37 persone e quello del ristorante
kasher a Parigi Joe Goldenberg il 9 agosto dell’82 dove furono uccise sei
persone. Entrambi gli attentati sarebbero stati portati a termine dallo stesso
gruppo terroristico palestinese facente capo ad Abu Zayed, sarebbero state
usate le stesse armi. Adesso le procure di Roma e Parigi stanno indagando
insieme e aprendo un nuovo fascicolo.
“Sono amareggiato visto che
sono passati 40 anni e solo ora cominciano ad affiorare elementi che potevano
essere di acquisizione fondamentali a risolvere il caso ben prima”.
Perché i documenti spuntano
soltanto ora?
È la domanda che si pone una
intera comunità ebraica di Roma e alla quale vorremo una risposta certa e senza
ambiguità di sorta.
Perché non si è stato
inchiodato prima Abu Zayed?
Anche questa è una domanda che
esige risposte: da chi è stato coperto Abu Zayed e perché? Forse questo è il
nodo più difficile da sciogliere ma che porterebbe alle verità sul caso.
Quali sono le vostre
riflessioni alla luce delle ultime rivelazioni?
Siamo stati sacrificati in nome
di un qualcosa ed esigiamo, anche 40 anni dopo, di sapere la verità e che i
colpevoli, tutti, vengano processati ed incriminati. Bene che Procura e Digos
abbiano intrapreso con ancora più solerzia la strada della ricerca delle verità
e la nostra comunità sarà sempre a disposizione per aiutare per quanto
possibile gli inquirenti nelle indagini. L’augurio è che finalmente grazie a
questo lavoro si svelino i misteri che ci accompagnano da 40 anni. È un atto
dovuto nei confronti della famiglia Taché, dei feriti di quel giorno e di
un’intera comunità che ancora aspetta risposte e che ancora ha il cuore gonfio
di dolore per l’attentato di quel giorno.
Secondo Repubblica, una
perizia comparativa indica come a Parigi e a Roma potrebbero essere state
utilizzate le stesse armi. Una pista rimasta fredda per anni, da quando, nel
2015, i francesi scrissero all’Italia dopo aver chiesto l’arresto di Zayed. E
che invece ora si è improvvisamente riscaldata: un incontro tra investigatori
italiani e francesi c’è già stato, e altro potrebbe accadere nelle prossime
settimane. L’inchiesta sull’attentato alla sinagoga di Roma è a una svolta”, si
legge su Repubblica. L’incontro delle scorse settimane con i colleghi francesi
è un primo passo di scambio di informazioni. L’obiettivo è ambizioso: la Digos
di Roma può usare i moderni strumenti di indagine per fare chiarezza su
un’inchiesta che nei quarant’anni precedenti ha avuto troppi punti oscuri.
Da anni la comunità ebraica di
Roma chiede perché nonostante le numerose segnalazioni dei Servizi su possibili
attentati a obiettivi ebraici in Italia, dal 18 giugno al 2 ottobre, nessuno
avesse alzato il livello di allerta e che il giorno dell’attentato, il 9
ottobre ’82, la Sinagoga di Roma era senza presidio di sicurezza, abbandonata a
se stessa.