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    Spielberg potenzia la Shoah Foundation contro "nuovi volti dell’odio"

    Convinto che nel mondo e nell’America “la presenza dell’odio oggi sia data per scontata” e che “non si faccia abbastanza per contrastarla”, Steven Spielberg riporta nelle sale “Schindler’s List” e ridisegna la missione della sua Shoha Foundation creata nel 1994 per raccontare il più grande genocidio ebraico della storia dell’umanità. Il regista ha allargato gli spazi della Fondazione presso la University of Southern California. Nuove tecnologie consentono adesso ai visitatori di “conversare” con 16 sopravvissuti sulla base di specifici schemi verbali e una lista programmata di duemila domande. Lo scorso 7 dicembre la testimonianza di uno di loro, l’ebreo polacco Pinchas Gutter, è stata presentata alle Nazioni Unite nel quadro delle manifestazioni organizzate per il 70/o anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.     

    La Fondazione continuerà ad archiviare i ricordi di vittime dell’antisemitismo, ma ha cominciato a collezionare “testimonianze viventi” di persone le cui vite sono state travolte da altri genocidi moderni. “L’Olocausto non è stato l’unico”, ha detto al New York Times il regista che da bambino ha imparato a contare sul numero tatuato sul braccio di un sopravvissuto a Auschwitz a cui la nonna insegnava l’inglese: “Abbiamo mandato videografi in Ruanda, Cambogia, Armenia. Stiamo studiando il Centrafrica, il Guatemala, il Massacro di Nanchino. Ci stiamo occupando della violenza contro i Rohingya nel Myanmar e il ritorno dell’antisemitismo in Europa. Allarghiamo il nostro obiettivo per contrastare i molti volti dell’odio”.       

    La Fondazione è nata sulla scia dell’uscita di Schindler’s List nelle sale: Spielberg mandò in giro per l’Europa un esercito di videografi a catturare la memoria dei sopravvissuti ai campi di sterminio. I nastri in Betamax delle interviste – oltre 51 mila registrazioni per un totale di 115 mila ore di ascolto – rimasero chiusi nei magazzini degli studi Amblin Entertainment fino al 2006. La nuova sede, parte ufficio e parte media lab, è stata inaugurata in novembre: ospita adesso testimonianze da 65 Paesi in 43 lingue. La Fondazione ha prodotto anche film tra cui il documentario  “The Girl and the Picture” diretta da Vanessa Roth sulla 88enne  Xi Shuqin che vide la sua famiglia sterminata nel massacro di  Nanchino del 1937. David Korins, lo scenografo di “Hamilton” è stato incaricato di portare la collezione di video nei musei d’America e del mondo.

    L’espansione della Fondazione coincide con i 25 anni di “Schindler’s List”. Il film è stato riportato in mille sale a metà dicembre e distribuito gratis nelle scuole e nei college in versione rimasterizzata in risoluzione 4K, mentre l’originale è in streaming su Netflix. “L’idea – ha spiegato il regista – è di aprire un dialogo sul fatto che il genocidio può accadere ovunque quando una società ordinaria imbocca la strada sbagliata”.


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