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    Scoperte, nel cuore del Marocco, due ghenizot appartenenti alla comunità ebraica berbera

    Un gruppo di ricercatori israeliani e marocchini ha scoperto due ghenizot all’interno di due sinagoghe abbandonate di comunità Amizigh, note anche come berbere, che vivevano nel profondo delle montagne dell’Atlante, nel deserto del Sahara. 

    La ghenizah è un magazzino nel quale vengono depositati libri, testi sacri o altri oggetti del culto ebraico che sono diventati inutilizzabili, in attesa che vengano seppelliti nei cimiteri.

     

    Grazie alla normalizzazione dei rapporti tra Israele e Marocco, gli archeologi israeliani hanno potuto lavorare formalizzando i loro rapporti accademici e perseguire progetti di ricerca congiunti, come per l’appunto lo scavo e la conservazione di questa sinagoga ritrovata nel deserto del Sahara. 

    “Questa ricerca è una nuova opportunità che si trova all’intersezione dei cambiamenti nel modo in cui gli israeliani pensano agli ebrei del Marocco, all’accordo con Israele e al rapporto tra gli ebrei e lo stesso Marocco”, ha spiegato Orit Ouaknine-Yekutieli, una storica dell’Università Ben Gurion del Negev, che ha scoperto le ghenizot insieme al suo partner, il professor Yuval Yekutieli, e un certo numero di esperti marocchini.

     

    Ouaknine-Yekutieli è sempre stata attratta dall’aspro deserto meridionale del Marocco e dalle piccole oasi che hanno sostenuto la vita ebraica per migliaia di anni, mentre costruivano una ricca vita comunitaria tra le aspre montagne. In questo progetto ha lavorato con la dottoressa Salima Naji, pluripremiata antropologa sociale e architetto marocchina, con cui ha indagato sulla rete delle oasi e su come gli ebrei siano diventati una delle tante minoranze che hanno vissuto in questi piccoli villaggi. “La storia degli ebrei Amizigh, noti anche come berberi, è stata spesso messa da parte, e stiamo cercando di risolvere il problema”, ha detto.

    In un articolo che sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista di ricerca Jewish Social Studies, Ouaknine-Yekutieli ha parlato degli formule collegate al cimitero ebraico nel villaggio meridionale di Oufran, considerato il più antico insediamento ebraico in Marocco, con lapidi risalenti al III secolo d.e.v. 

     

    Come ha spiegato Yuval Yekutieli al Times of Israel, una delle maggiori sfide con gli scavi archeologici nel sud del Marocco è il materiale usato per la costruzione degli edifici. Infatti, sono costruiti con fango, che li rende molto difficili da portare alla luce ed eccezionalmente suscettibili al deterioramento. Per questo richiede un meticoloso processo di scavo e la successiva conservazione, che deve essere immediata. “Quando siamo arrivati lì non c’era il tetto e i muri stavano cadendo a pezzi”, ha ricordato Yekutieli. 

     

    Ad Akka, poco prima che gli ebrei fuggissero, questi scavarono un buco nella piattaforma di preghiera centrale, e seppellirono lettere, formule scritte su carta pergamena e testi sacri tra cui i rotoli della Torah. A Tamanart, invece hanno messo i loro oggetti sacri in un buco nel muro. All’arrivo dei ricercatori, molti testi erano sparsi sul pavimento delle due sinagoghe, testimonianza del fatto che dei ladri di antichità avevano già perquisito gli edifici alla ricerca di oggetti di valore. 

    Le ghenizot hanno portato a una serie di scoperte interessanti, incluso il fatto che entrambi i villaggi erano probabilmente laboratori per scrivere ogni sorta di formule cabalistiche per proteggere le donne durante il parto, i bambini o gli anziani. Altri documenti invece includevano lettere di rabbini a varie comunità risalenti al XVII e XVIII secolo fino agli anni ’50 e documenti legali sulla terra tra ebrei e i loro vicini musulmani. Le ghenizot sono un tesoro di informazioni sui legami sociali e le tradizioni uniche tra gli ebrei marocchini, che riponevano grande fiducia nelle formule cabalistiche.

     

    Oggi le pergamene sono conservate a Rabat, ma il progetto ha bisogno di fondi per ricercare e digitalizzare tutti gli oggetti trovati. Queste ghenizot sono tra le più significative scoperte in Marocco di recente e offrono un’opportunità inestimabile per comprendere la cultura del Marocco meridionale nel corso dei secoli, ha affermato Ouaknine-Yekutieli.

     

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