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    ROMA: RAGGI, ‘STRADE DEDICATE A TRE SCIENZIATI, NON FIRMARONO MANIFESTO RAZZA’

    ROMA: RAGGI, ‘STRADE DEDICATE A TRE SCIENZIATI, NON FIRMARONO MANIFESTO RAZZA’

     

    ”Abbiamo scelto i nomi a cui dedicare le strade di Roma oggi intitolate ad Arturo Donaggio ed Edoardo Zavattari, firmatari del Manifesto della Razza. Presto avremo via Mario Carrara, largo Nella Mortara e via Enrica Calabresi: sono tre scienziati – un medico, una fisica e una zoologa – che invece si rifiutarono di firmare quel manifesto”. Lo scrive in un post su Facebook la sindaca di Roma, Virginia Raggi. ”Il percorso partecipativo avviato circa un anno fa, portato avanti con gli studenti e i cittadini dei Municipi IX e XIV, ha prodotto la decisione che abbiamo recepito in una delibera della Giunta  capitolina, che ha quindi approvato il cambio dei nomi”.

    ”Voglio precisare a tutti i cittadini e commercianti  residenti in quelle vie – scrive il sindaco – che il cambio sarà effettivo solo al termine dell’iter amministrativo, che saranno adeguatamente informati nelle prossime settimane e che gli uffici capitolini faranno il massimo per agevolare il passaggio e la modifica dei documenti. Sono orgogliosa di questo processo di partecipazione che ha visto protagonisti soprattutto i ragazzi. Credo sia molto significativo che la scelta sia caduta su tre scienziati, tra i quali due donne, che ebbero il coraggio di opporsi al Manifesto della Razza e non si resero complici dell’orrore delle leggi razziali”.

    Pubblicato, con il titolo Il fascismo e i problemi della razza, su “Il Giornale d’Italia” diretto da Telesio Interlandi del 14 luglio 1938, il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, anticipa di poche settimane la promulgazione della legislazione razziale fascista (settembre-ottobre 1938). Firmato da alcuni dei principali scienziati italiani, Il Manifesto diviene la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell’Italia fascista.

    Il manifesto si sviluppa in 10 punti.

    Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.

    Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.

    2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.

    3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.

    4. La popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.

    5. È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio.

    6. Esiste ormai una pura “razza italiana”. Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.

    7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l’Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.

    8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.

    9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

    10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

    I firmatari furono:

    Lino Businco, docente di patologia generale, ‘Università di Roma

    Lidio Cipriani, docente di antropologia, Università di Firenze

    Arturo Donaggio, docente di neuropsichiatria, Università di Bologna, nonché presidente della Società Italiana di Psichiatria

    Leone Franzi, docente di pediatria, Università di Milano

    Guido Landra, docente di antropologia, Università di Roma

    Nicola Pende, docente di endocrinologia, Università di Roma, nonchè direttore dell’Istituto di Patologia Speciale Medica

    Marcello Ricci, docente di zoologia, Università di Roma

    Franco Savorgnan, docente di demografia, Università di Roma, nonché presidente dell’Istituto Centrale di Statistica

    Sabato Visco, docente di fisiologia, Università di Roma, nonché direttore dell’Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche

    Edoardo Zavattari, direttore dell’Istituto di Zoologia dell’Università di Roma.

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