Presentati
giovedì 23 giugno nella Sala Caduti di
Nassirya in Senato i risultati dell’indagine conoscitiva sui discorsi
d’odio. L’indagine è stata condotta dalla Commissione straordinaria
intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza.
La
commissione ha approvato all’unanimità un documento, che verrà presentato in
aula e, come ha riportato il Senatore Francesco Verducci, relatore della
commissione, sarà necessario «un intervento
normativo urgente del nostro parlamento che stia dentro la cornice
europea».
La
Senatrice a vita Liliana Segre, che presiede la Commissione, ha preferito non
leggere la relazione che aveva preparato, ma si è ritenuta contenta del risultato finale dell’indagine e
dell’esistenza della Commissione.
Un
incentivo a «non parlare di odio e di vendetta, ma di amore».
Liliana Segre ha poi raccontato come proprio l’istigazione all’odio abbia
distrutto la sua infanzia e sterminato la sua famiglia. L’espulsione
dalla scuola quando aveva solo 8 anni, una situazione che l’ha fatta sentire una
bambina invisibile. Ha inoltre parlato di come i suoi vicini preferissero
tenersi alla larga, e di come la polizia che ha perquisito la sua casa abbia
considerato lei e la sua famiglia come «nemici della patria», nonostante il
padre e lo zio avessero ricevuto decorazioni durante la Prima Guerra Mondiale.
Ha inoltre ricordato i problemi economici vissuti durante quegli anni, e di
aver testimoniato le spiate naziste. «Era un’escalation, era il fenomeno dei
discorsi di odio che a quel tempo erano discorsi»
È proprio
tale escalation che l’ha spinta alla fuga e a diventare una clandestina sulle
montagne tra l’Italia e la Svizzera. Questa fuga le ha permesso di comprendere
appieno il dolore di coloro che ancora oggi «da qualunque parte del mondo
lasciano la loro casa, lasciano quella fotografia, quella sedia, quell’odore…ne
ho una estrema pietà». La Segre ha spiegato quanto sia difficile capire cosa
significhi essere clandestini o essere respinti «quando dall’altra parte c’è la
morte», lei che «con quel piccolo gruppo di gente colpevole di essere nata» è stata
respinta dalla Svizzera.
Proseguendo
nella sua testimonianza la Senatrice ha ricordato che, tornata da Auschwitz,
aveva perso la casa ricca di ricordi e
tutti i suoi oggetti, tranne le fotografie, custodite da una donna di servizio
che la Segre ha fatto riconoscere tra i Giusti tra le Nazioni. Era l’unica sopravvissuta
di un’intera famiglia: «a poco meno di 15 anni, brutta, grassa, perché avevo mangiato
tantissimo dopo essere stata libera, dopo essere stata 32 kg di peso sono
tornata che ero quasi 70, selvaggia, incolta, imbevuta di un passato in cui
avevo brucato nei letamai, in cui ero sfilata nuda davanti ai miei persecutori,
in cui avevo fatto la marcia della morte senza mutande, fermandomi come un
animale negli angoli della strada quando dovevo fare i miei bisogni senza
nessuna forma più di civiltà che non fosse che ero ancora viva. Io non posso
mai dimenticare queste cose».
Segre è
stata vittima dei crimini dell’odio che cominciano con la parola, con
l’istigazione «e questo non va mai dimenticato poiché, – evidenzia la Senatrice
– può sfociare in crimini di odio verso persone colpevoli solo di essere nate».
Concludendo
la Senatrice ha parlato di aver diritto ad una scorta, non perché senatrice a
vita ma «perché sono ancora bersaglio di discorsi di odio. Quando ad 8 anni mi
dicevano ‘muori’, ero colpita, ma non capivo fino in fondo. Se me lo
dicono adesso io rispondo ‘un attimo, ho
92 anni non dovete aspettare molto’».