Circa la metà dei contenuti pubblici relativi alla Shoah sul servizio di messaggistica di Telegram nega o distorce i fatti sull’uccisione di sei milioni di ebrei europei durante la Seconda guerra mondiale. A confermarlo un nuovo studio dell’agenzia culturale delle Nazioni Unite. Il rapporto dell’UNESCO ha rilevato che l’80% dei messaggi pubblici in lingua tedesca sul genocidio nazista tendeva a distorcere o persino negare la storia. Lo stesso valeva per il 50% dei post in lingua inglese e francese sulla Shoah.
La ricerca ha analizzato 4.000 post relativi alla Shoah non solo su Telegram, ma anche su cinque delle principali piattaforme di social media e ha riscontrato la negazione o la distorsione nel 19% dei contenuti su Twitter, nel 17% su TikTok, nell’8% su Facebook e nel 3% su Instagram. Il rapporto ha rilevato la presenza di numerosi post che celebravano il genocidio, diffamavano o incolpavano le sue vittime, lo identificavano con altri eventi come la politica israeliana nei confronti dei palestinesi o omettevano fatti reali sui criminali nazisti e sui loro collaboratori.
Alla domanda sul rapporto, un portavoce di Telegram ha spiegato: “Telegram è una piattaforma per la libertà di parola in cui le persone sono invitate a esprimere pacificamente le proprie opinioni, comprese quelle con cui non siamo d’accordo”. Il portavoce ha sottolineato che i post che glorificavano o incoraggiavano la violenza o i suoi autori sono stati vietati e rimossi su segnalazione degli utenti.
Lanciato nel 2013, Telegram, con sede a Dubai, è attivo in 155 paesi, secondo il sito Web tecnologico Backlinko. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha condiviso in una dichiarazione l’importanza di “non dover mai dimenticare quanto facilmente l’incitamento all’odio possa trasformarsi in crimini reali ispirati dall’odio stesso, come l’ignoranza o l’indifferenza possano portare all’intolleranza, o come il silenzio di fronte al fanatismo sia complicità”.
“Oggi è impossibile ignorare le crepe”, ha concluso Guterres, sottolineando inoltre che i risultati hanno mostrato legami intimi tra la negazione della Shoah e altre violenze online radicate nel razzismo, nella misoginia e nella xenofobia.
L’UNESCO ha rilevato che anche su alcune piattaforme, i negazionisti e gli antisemiti sfuggivano alla censura usando meme umoristici e parodici per normalizzare e ironizzare le idee antisemite. L’UNESCO ha lanciato un appello raccomandando ai governi di investire nello sviluppo dell’alfabetizzazione mediatica pubblica affinché le piattaforme social possano agire contro tutti i contenuti sbagliati, indirizzando gli utenti verso informazioni reali verificate.