Come
affrontare le sfide dell’educazione e della formazione dei giovani? Prima che
questi aspetti fossero declinati nelle varie sessioni degli Stati Generali
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il Direttore de La Repubblica
Maurizio Molinari, stimolato da Rav Roberto Della Rocca, ha proposto una
riflessione sugli aspetti sociali, politici, economici che sono alla base del
mondo attuale e di cui occorre prendere coscienza per affrontare una serie di
sfide che ci coinvolgono sin da subito.
“Siamo di
fronte a un’accelerazione della storia, di cui la nostra generazione è
testimone – ha sottolineato Molinari – La realtà attuale ha un impatto profondo
sulle nostre vite. I cambiamenti climatici, ad esempio, impongono di rivedere
le politiche del territorio e con esse le caratteristiche di ciascun mestiere. Tra
70 anni a Venezia ci saranno talmente tante inondazioni che il Mose non sarà
più sufficiente, visto che può fronteggiare massimo 10 inondazioni l’anno. Lo
scenario del futuro sarà drammaticamente diverso. Le carte geografiche che noi
abbiamo oggi non rappresentano più la realtà. Alcuni Stati sorgono, altri
compaiono, mentre nell’area sottomarina vi sono risorse determinanti per vita
degli Stati che non compaiono sulle mappe. Questo è il mondo del presente, non
del futuro. Che dobbiamo insegnare ai nostri figli?”
Con questi
interrogativi stimolanti Molinari ha catturato l’attenzione del pubblico. Per
poi proporre delle significative risposte.
“Il presidente
di Alibaba Jack Ma a Davos ha detto che i nostri figli dovranno competere con i
robot: la cultura nozionistica è dunque perdente, visto che ogni macchina ha
maggiore capacità di memorizzare i dati. La soluzione dunque è imparare a fare
l’unica cosa che i robot non sanno fare: lavorare insieme, fare team working.
Proprio come ha detto l’ambasciatore evocando l’esperienza del kibbutz. Stando
insieme si crea una conoscenza imprevedibile. Da qui si sviluppa il concetto di
start-up, che si basa sull’esaltazione della creatività: per questo funzionano
in Occidente e non nei regimi autoritari”.
Dalla
creatività non nasce solo la crescita economica, ma anche qualcosa di più
profondo.
“Dalle
scoperte scientifiche nasce la felicità degli individui, che così diventano più
prolifici – ha aggiunto Molinari – Bisogna dunque esaltare la collettività
degli individui per favorire un maggior numero di scoperte scientifiche. Questo
discorso riguarda direttamente proprio il mondo ebraico: la kvutzà, il gruppo,
è l’anima dell’ebraismo, dallo studio del Talmud ai kibbutzim israeliani. Ma
non solo: nel team working risiede anche uno stimolo all’altruismo. Infine, c’è
un terzo elemento determinante ai fini della definizione della felicità, che si
può ricondurre al concetto di nachat, ossia la gioia che i figli danno ai
genitori. La molla per la conoscenza è nella felicità, il segreto della
felicità è nel nachat”.