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    La valigia sotto al letto: la storia perduta degli Eisner

    Era il 2009 quando Antony Easton stava sgomberando l’appartamento del padre defunto, Peter, a Lymington. Una scoperta però lo ha sorpreso: si trattava di una piccola valigia nascosta sotto il letto. Dentro, una serie di oggetti ordinati con cura: vecchie banconote tedesche, foto, lettere e un certificato di nascita che rivelava una verità sconvolgente. Suo padre, che si era sempre presentato come un inglese qualsiasi, era in realtà Peter Hans Rudolf Eisner, discendente di una importante  famiglia ebraica di Berlino.

    La famiglia Eisner possedeva la Hahn’sche Werke, una famosa azienda siderurgica. All’inizio degli anni ’30, gli Eisner cercarono di adattarsi al regime nazista, ma nel 1938 furono costretti a svendere l’impresa al gruppo Mannesmann. I beni della famiglia vennero in parte “custoditi” da un conoscente, Martin Hartig, che invece se ne appropriò. La valigia conteneva anche l’elenco delle proprietà confiscate. I documenti ritrovati hanno permesso ad Antony di seguire il viaggio di fuga degli Eisner: dalla Germania, passando per Praga e Varsavia, fino all’arrivo in Gran Bretagna nel 1939, poco prima dello scoppio della guerra. Peter aveva 12 anni. Dopo il conflitto, cambiò nome e rimosse completamente il proprio passato, creandosi una nuova identità.

    Spinto dalla scoperta, Antony ha passato dieci anni a ricostruire le tracce della sua famiglia, fino a ritrovare un quadro appartenuto agli Eisner: Eisenwalzwerk del pittore Hans Baluschek, oggi esposto al Brohan Museum di Berlino. L’opera era stata venduta da un gallerista che trafficava opere sottratte agli ebrei. Il museo ha avviato le pratiche per restituirla ai discendenti. Oggi, il nome Eisner non è più un segreto. Il pronipote di Peter, Caspian, nato nel 2024, porta ufficialmente quel cognome come secondo nome. “Finché Caspian ci sarà, quel nome sarà ancora in vita – ha detto Antony – La gente chiederà: È un nome interessante, quale storia c’è dietro? E noi saremo orgogliosi di raccontarla”.

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