La preghiera è quella di ogni pomeriggio, minchà. Il luogo è assai diverso dalla consueta sinagoga in cui si svolge la funzione: questo pomeriggio, infatti, rabbini di diverse nazionalità, si sono riuniti assieme alla Comunità di Sant’Egidio davanti all’Arco di Tito. Questo monumento, collocato nei pressi del Colosseo, rappresenta un luogo dalla forte simbologia: evoca infatti la deportazione degli ebrei da Gerusalemme a Roma nel 70 dopo l’era volgare per opera del generale Tito, futuro imperatore. Un evento che segnò la distruzione del Bet Ha Mikdash, il Santuario di Gerusalemme, e l’inizio della diaspora.
L’ultima volta che gli ebrei romani pregarono vicino all’Arco di Tito era il dicembre 1947, sotto la guida del Rabbino capo David Prato, in occasione della risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU che sanciva la ripartizione della Palestina sotto mandato britannico tra uno stato ebraico e uno arabo, aprendo così la strada alla nascita dello Stato d’Israele. Una rivalsa dopo quasi duemila anni dalla deportazione. Questa volta l’occasione è diversa, ma altrettanto importante.
“Oggi siamo qui e portiamo segni di vitalità, riuscendo a capovolgere il senso di questo luogo e della storia. Siamo in un’epoca di rinnovamento per correggere i mali del passato” ha affermato il Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni.
“Questo luogo rappresenta guerra, distruzione, schiavitù. Siamo qui a pregare per la pace, assieme alla Comunità Ebraica di Roma – ha commentato il vescovo Ambrogio Spreafico – Da qui parte un messaggio dagli uomini e le donne che operano e sperano nella pace”.
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