Un po’ di storia
La legittimità internazionale dello stato di Israele non dipende dal voto dell’Assemblea dell’Onu che il 29 novembre 1947 approvò la spartizione del mandato britannico di Palestina. Essa è precedente, deriva dal Trattato di San Remo (19-26 aprile 1920) e dalla delibera della Società della Nazioni (24 luglio 1922) che crearono il mandato britannico di Palestina con l’esplicito scopo di creare una “national home”, cioè una patria per il popolo ebraico, favorendone immigrazione, insediamento e costituzione di un apparato amministrativo autonomo. Pure quel voto dell’Onu, accettato dall’organizzazione sionista che rappresentava gli ebrei e rifiutato violentemente dagli arabi, fu il punto di svolta che determinò la ritirata degli inglesi e la dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele il 14 maggio del 1948. A partire da quel giorno la guerriglia e i pogrom arabi contro l’insediamento ebraico furono integrati in una vera e propria guerra, in cui Egitto, Siria, Libano, Arabia Saudita, Iraq e Giordania (quest’ultima esplicitamente sostenuta e armata dagli inglesi) cercarono non solo di soffocare sul nascere il nuovo stato, ma esplicitamente e dichiaratamente di sterminare la sua popolazione ebraica, cioè di ripetere o completare il genocidio della Shoah, finita solo tre anni prima. Il fallimento di questo tentativo di genocidio, con la difficilissima vittoria delle forze di autodifesa israeliana, è ricordata in Israele come Yom HaAtzmaut e nel mondo arabo come la “Nakba”, il disastro.
Gli arabi e la Nakba
Che portino il lutto per il fallimento di un genocidio alcuni stati responsabili di diverse guerre di aggressione e soprattutto un’organizzazione che aspira alla condizione statuale ma non l’ha raggiunta ed è a sua volta colpevole di una lunghissima attività terroristica contro Israele, che ancora finanzia fra l’altro pagando stipendi a tutti i terroristi incarcerati, è certamente un fatto vergognoso che dovrebbe essere condannato da ogni persona ragionevole. Come si fa a considerare un “disastro” il fallimento di un progetto genocida? Come se l’Italia considerasse “un disastro” il 25 aprile, quando lo stato italiano perdette definitivamente la guerra (ma il popolo fu liberato) o la Germania prendesse il lutto per la conquista alleata di Berlino, l’8 maggio 1945, che segnò la sconfitta del nazismo e anche dello Stato tedesco. Ma pochi hanno il coraggio di far notare all’Autorità Palestinese (e anche alla Lega Araba e agli stati che ne fanno parte) l’intollerabilità storica ed etica del ricordo della fallita aggressione come un “disastro”.
Ma l’Onu?
Si dà il caso, però, che quest’anno per la prima volta la celebrazione del “disastro” della fondazione di Israele non sia stato celebrato solo a Ramallah, a Teheran, ad Amman o Doha, e neppure solo a Washington, dove il prototipo politico dell’odio di alcuni ebrei di sinistra contro il loro popolo, il senatore Bernie Sanders ha ospitato l’evento al Senato dopo che lo speaker della Camera dei Rappresentanti Kevin McCarty aveva impedito all’estremista di sinistra deputata Rashida Tlaib di celebrarlo alla camera. Ma esso è stato ricordato quest’anno per la prima volta anche a New York, nella sede dell’Onu. Ora non solo Israele è stato accettato come membro dell’Onu l’11 maggio del 1949, proprio alla fine di quella vittoriosa resistenza che i palestinisti chiamano Nakba; ma la sua costituzione ufficiale come Stato è sancita, come abbiamo visto, da una delibera dell’Assemblea Generale. Che istituzione potrebbe deplorare come un “disastro” la nascita di uno Stato che ha approvato e che per di più ne fa parte quasi dall’inizio? Purtroppo l’Onu è così, e da sempre i suoi organismi dedicano ogni anno decine di risoluzioni a condannare Israele. E, per fare solo un esempio di quanto sia sensibile l’Onu al buon senso e alla Storia, l’11 maggio scorso il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha scelto l’Iran per presiedere il Social Forum del novembre 2023 sul ruolo della scienza e della tecnologia nel miglioramento dei diritti umani.
Non senza opposizione
Per fortuna questa celebrazione della Nakba non è passata senza opposizione: la risoluzione che l’ha approvata ha avuto sì 90 voti a favore, 47 astensioni e 30 contrari, tra cui Italia, Usa, Australia, Canada e Gran Bretagna, gran parte dei paesi dell’Unione Europea (tranne Cipro favorevole, Belgio, Finlandia, Francia Irlanda, Norvegia, Portogallo astenuti). È la solita vecchia Onu, quella che è dominata da una maggioranza automatica terzomondista, tanto che 10 novembre 1975, l’Assemblea Generale adottò la risoluzione 3379 in cui si sosteneva “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale” – una delibera annullata dopo 16 anni, 16 dicembre 1991, ma che resta fra le vergogne della diplomazia internazionale, a fare il paio con la cerimonia della Nakba di qualche giorno fa, celebrata in pompa magna con un discorso dl Mohamed Abbas, il presidente dell’Autorità Palestinese che rifiuta ogni richiesta di interrompere il finanziamento dei terroristi.