Gli occhi di tutti gli osservatori interessati al Medio Oriente sono fissi sul viaggio di Biden in Israele e Arabia Saudita, che inizia oggi. Il pronostico generale è che non ne usciranno grandi novità, anche perché l’agenda mediorientale della visita è ambigua e confusa, riaffermando da un lato la tradizionale amicizia con questi stati, ma dall’altro sostenendo la ripresa di un accordo col loro peggiore nemico, l’Iran. Vedremo nei prossimi giorni se e come queste previsioni sostanzialmente pessimiste saranno superate. Ma una cosa il viaggio di Biden certamente dimostra: la ritrovata centralità del Medio Oriente nello scacchiere politico mondiale, luogo di tensioni e di accordi, di minacce e di speranze secondo oggi solo all’Europa Orientale.
La trilaterale di Teheran
Lo conferma un altro viaggio presidenziale che si svolgerà a partire dal 19 luglio, contrapposto al primo. È la partecipazione del presidente russo Putin a un incontro triangolare che si svolgerà dal 19 a Teheran, con la presenza del presidente russo, di quello iraniano e di quello turco. Si tratta del primo trasferimento all’estero di Putin da quando ha attaccato l’Ucraina. Da un lato è la risposta diretta alla missione di Biden, la dichiarazione esplicita che la Russia non intende farsi togliere il ruolo centrale in Medio Oriente, conquistata con la partecipazione alla guerra civile siriana, l’alleanza con l’Iran, la presenza in Libia e in Egitto, gli equilibrismi per non perdere i rapporti con Israele pur sostenendo il suo nemico mortale.
I droni iraniani
Dall’altro Putin va a incontrare capi di stato che hanno molto da dargli per la guerra in Ucraina. E’ stata la stessa Casa Bianca a denunciare che l’Iran si prepara a consegnare “centinaia” di droni da guerra alla Russia e ad addestrare le sue truppe per il loro uso in Ucraina. E’ una strana inversione di ruoli, che dovrebbe far riflettere sulla debolezza tecnologica della Russia. Non è Putin a vendere armi avanzate all’Iran, ma viceversa. L’Iran ha una notevole esperienza sull’uso dei droni come mezzo di guerra. Li ha forniti a Hamas e Hezbollah, che non ne hanno fatto granché contro Israele, il quale è assai più avanti di loro; ma li hanno anche fatti usare agli Houti che li hanno tirati con notevole successo contro l’Arabia Saudita, incendiando pozzi petroliferi, devastando aeroporti, attaccando città e basi militari.
La Turchia
I droni sono anche la specialità della Turchia, che di recente li ha forniti all’Azerbaigian e all’Ucraina. La partecipazione di Erdogan a questo vertice può sorprendere, dato che si tratta di un membro della Nato che sia pure con molte ambiguità si è schierato con l’Ucraina, bloccando l’accesso al Mar Nero alle navi militari russe e fornendo armi a Zelenskij. Ma la spregiudicatezza di Erdogan è straordinaria, come la sua assenza di scrupoli. Ha usato la domanda di adesione alla Nato di Svezia e Finlandia per togliere appoggio umanitario ai suoi nemici curdi; al tempo dell’invasione azera del Nagorno Karabach ha negoziato con Putin una soluzione favorevole alle sue ambizioni panturchesche; dalla Russia qualche anno fa ha comprato i missili antiaerei SS4, costringendo gli Usa a espellerli dal programma dell’aereo modernissimo F35, per non compromettere tutti i suoi segreti. Con Israele ha tenuto una linea estremamente ambigua, appoggiando in tutti i modi Hamas e il palestinismo, ma cercando di convincere i governanti israeliani a schierarsi con lui sulla questione del petrolio, ai danni della Grecia e di Cipro, altri suoi nemici storici. Se ricevesse un buon prezzo, Erdogan non avrebbe nessuno scrupolo ad aiutare Putin nell’invasione dell’Ucraina.
Il nucleare iraniano
La questione decisiva nel Medio Oriente, dalla caduta di Saddam Hussein, è il tentativo di egemonia iraniano, che si regge su due assi principali. Uno è l’aggressione a Israele, che corrisponde certamente un odio sincero da parte del regime sciita, ma è anche utile a sollecitare gli istinti antisemiti della piazza musulmana; il secondo è l’armamento atomico, che darebbe all’Iran una deterrenza tale da rendere impossibile di sconfiggerlo in maniera definitiva. Anche se avrebbe forti ragioni militari per temerlo, la Russia non ha affatto contrastato il nucleare iraniano, ancor più dei democratici americani e dei loro partner europei, perché non pratica l’ipocrisia pacifista che li ha bloccati per anni su questo tema e considera giustamente gli ayatollah come suoi alleati, almeno per il momento. Ma almeno nell’ultimo decennio la Russia ha trovato un modus vivendi con Israele e non è d’accordo sul progetto iraniano di distruggerlo. Ma non si tratta di temi centrali per Putin, che è impegnato in Ucraina in un conflitto esistenziale per lui e per il suo modo di concepire la Russia. Dunque anche su questo tema vi possono essere delle convergenze fra Putin e quello che finora è il suo migliore alleato e forse l’unico, a parte satelliti come la Siria o la Bielorussia. Sarà difficile sapere su che cosa si accorderanno Putin, Erdogan e Raisi; ma c’è la preoccupazione che si tratti di contenuti più concreti della confusa propaganda che sarà probabilmente il solo risultato del viaggio di Biden.