Il regime iraniano ed Hezbollah rappresentano sempre di più
una minaccia non solo per Israele e per gli equilibri del Medio Oriente, ma
anche per l’Occidente, che dovrà agire il prima possibile senza remore. Questo
il messaggio emerso dalla conferenza internazionale “Iran e Hezbollah:
ideologia, obiettivi, strategia e strategie dei proxies, terrorismo e
propaganda in Occidente”, tenutasi presso Roma Eventi, nata su iniziativa della
Federazione di Associazioni Italia-Israele, American Jewish Committee e Think
Tank Trinità dei Monti, con il patrocinio di Med-Or Leonardo Foundation e
Fondazione Vittorio Occorsio.
I lavori, suddivisi in tre panel, si sono focalizzati su tre
tematiche: l’Iran, con un particolare focus sulle rivolte in atto in tutto il
paese; il gruppo terroristico di Hezbollah, dalla sua ideologia alle sue forme
di approvvigionamento; le possibili azioni da intraprendere dal punto di vista
diplomatico e da quello politico.
Il senatore Marco Scurria ha sottolineato come sia
“necessario concentrare l’attenzione sul tema dell’Iran”, infatti, come
spiegato anche dai diversi esperti successivamente, all’interno della società
sta avvenendo un profondo cambiamento. Tuttavia, di giorno in giorno le minacce
del regime degli Ayatollah diventano sempre più concrete.
“L’Iran sta intensificando la nascita di nuove sigle che si
muovono in Cisgiordania, queste sono pericolose perché implementano l’asse
della resistenza con un obiettivo preciso: minare gli accordi di Abramo” ha
spiegato Andrea Manciulli, presidente di Europa Atlantica. “Siamo di fronte a
una minaccia reale, che fa uso anche di piccoli movimenti jihadisti sunniti per
la loro libertà d’azione. Questi possono creare un vortice di tensione che può
colpire, non solo Israele, ma anche l’Europa” ha aggiunto.
Il professor Germano Dottori, consigliere della Fondazione
Med Or, ha invece focalizzato l’attenzione sulle rivolte in Iran e la possibile
svolta epocale che questa può portare. “La società chiede l’uscita dal
paradigma dell’Islam politico” ha affermato Dottori, spiegando come la
richiesta dei ragazzi che da mesi protestano per le strade iraniane è solo uno:
delegittimare il regime, “per questo viene chiesto insistentemente di mettere
le Guardie della Rivoluzione nella lista delle organizzazioni terroristica”.
Nel secondo panel ci si è focalizzati su Hezbollah,
diventato sempre di più un rischio concreto per lo stato d’Israele, e le sue
connessioni, a livello ideologico e strategico, con il regime degli Ayatollah.
“Non esiste una distinzione tra ala militare e politica in
Hezbollah” ha dichiarato il professore Matteo Bressan, esperto di terrorismo e
docente presso la Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale, che ha
voluto porre l’attenzione su come si sia evoluta l’organizzazione terroristica
negli anni, diventando sotto il profilo militare una minaccia a tutti gli
effetti.
Emanuele Ottolenghi, senior fellow presso FDD ed esperto
nelle reti di illecite di Hezbollah in America Latina, ha analizzato i metodi
di approvvigionamento dell’organizzazione libanese. Considerato da Ottolenghi
come un “franchise” della rivoluzione islamica iraniana, Hezbollah ogni anno
riesce a raccogliere cifre attorno al miliardo di dollari, di cui 300 milioni
attraverso attività illecite, in particolare il traffico di stupefacenti.
Inoltre, ha sottolineato come Hezbollah sia estremamente
influente in quei paesi dove c’è un alto tasso di corruzione, come in Sud
America, dove esistono diverse comunità libanesi, con una struttura
socioeconomica identica a quella di Hezbollah, che secondo Ottolenghi è
“diventato fattore di erosione in Africa e Sud America”.
Sarit Zehavi, tenente colonnello riservista e fondatore
dell’Alma Research and Education Center Israel, ha posto l’attenzione
sull’arsenale di Hezbollah, composto da circa 215 mila missili e 2mila droni.
Inoltre ha mostrato ai presenti come agiscono i commando di Hezbollah al
confine israeliano, con i terroristi che usano le ONG come coperture per avere
postazioni vicino alle recinzioni.
Un insieme di elementi che non può non preoccupare l’intera
comunità internazionale per i riflessi che possono scaturire a livello globale.