“Riproporre in termini semplificati le contrapposizioni
antiche comporta il rischio di confermare stereotipi ostili”. Così il Rabbino
Capo di Roma Riccardo Di Segni torna oggi sulle pagine di Repubblica
sulla questione della catechesi del papa sulla lettera ai Galati di Paolo.
La catechesi aveva nei giorni scorsi scatenato la reazione
della commissione rabbinica permanente per i rapporti con il Vaticano, che in
una missiva aveva dimostrato il suo disappunto e preoccupazione per il discorso
del papa, un discorso ritenuto offensivo e sprezzante nei confronti degli
ebrei. Il Rabbino Di Segni, che è già intervenuto sull’argomento su Shalom,
nella lettera pubblicata oggi dal quotidiano, spiega i rischi di alcune
predicazioni religiose, che possono, anche se in modo non evidente, veicolare
messaggi pericolosi e aprire “scenari problematici”. Come quello, nel caso
specifico della catechesi dell’11 agosto, di presentare l’ebraismo come
“religione abrogata e formalistica, tutta doveri, senza spirito, o semplice
preparazione, “pedagogia” alla nuova fede”.
“Trattare questi temi richiede attenzione e valutazione
delle ricadute” ha sottolineato il Rabbino Capo che nella lettera prende come
esempio il Baal Shem Tov, fondatore del Chassidismo in Europa Orientale, che è
stato ripreso impropriamente nei giorni scorsi su questa questione. “Sarebbe
utile usare la lezione del Baal Shem Tov non per fargli dire cose che non ha
mai sognato di dire, – ha precisato il Rabbino – ma per insegnare il rispetto
reciproco, che in questo caso non c’è stato”.