Nel 1290 gli ebrei furono cacciati dall’Inghilterra e non fu loro consentito di tornare fino al 1655. Quando William Shakespeare scrisse Il Mercante di Venezia (ca.1596/1599) non c’erano ebrei ai quali ispirarsi. Se l’antisemitismo c’era, mancavano però gli ebrei, e ciò potrebbe voler dire che l’odio assolvesse ad una sua autonoma necessità.
Di nuovo, oggi giorno, si pone il problema della permanenza degli ebrei in Inghilterra; qualche giorno addietro, è stato fatto autorevolmente il punto della situazione. Infatti, Paolo Mieli, sempre autorevole e prezioso, riporta sul Corriere della Sera del 2 Dicembre 2019 le parole del rabbino capo del Commonwealth Ephraim Mirvis, che si domanda “che ne sarà degli ebrei e dell’Ebraismo britannico se il Labour formerà il prossimo governo?”, il quale quesito riceve l’avallo dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby (“The archbishop of Canterbury has in effect backed the chief rabbi’s comments on the Labour leadership’s record on antisemitism with a tweet highlighting the ‘deep sense of insecurity and fear felt by many British Jews’”, The Guardian, 26 November 2019).
L’articolo in questione contiene un lungo elenco delle azioni e opinioni contestate al capo dei laburisti britannici, fra cui la partecipazione nel 2012 a Tunisi ad una cerimonia in onore di uno dei terroristi che nel 1972 avevano sequestrato e ucciso gli atleti israeliani.
Abbiamo notato che, secondo il New York Times del 26 novembre 2019, Jeremy Corbyn ha chiamato “amici” sia Hezbollah che Hamas, e questo non sembrerebbe molto rassicurante.
Dal canto suo, Gideon Levy, giornalista di Haaretz, ha scritto che gli ebrei britannici rigettano Corbyn perché vorrebbero un primo ministro “che appoggiasse Israele, ossia l’occupazione” e che “la nuova ed efficace strategia di Israele e dell’establishment sionista consiste nell’etichettare come antisemita chiunque cercasse la giustizia” ; bisogna dire, però, che sempre su Haaretz, Azriel Bermant gli ha risposto, dicendo che anche altri governi britannici hanno avversato Israele senza particolari reazioni da parte degli ebrei, e che quindi qui la situazione sarebbe ben diversa. Dopodiché, ci siamo imbattuti in articoli italiani che difendevano Jeremy Corbyn, spiegando che aveva anche un amico ebreo; l’articolista forse era all’oscuro che tale frase è un déjà vu.
Mieli conclude così: “stupisce che la sinistra politica e culturale del nostro Paese (con alcune – purtroppo poche – lodevoli eccezioni) pur particolarmente attenta agli slittamenti antisemiti nel discorso pubblico italiano non abbia ritenuto meritevole d’attenzione queste particolarità di Corbyn che hanno suscitato allarme persino nell’arcivescovo di Canterbury”.
Abbiamo inserito tale brano dell’ottimo articolo di Mieli sul traduttore automatico, programmandolo su italiano – italiano, e la traduzione è stata: “non stupisce che la sinistra non veda l’antisemitismo di sinistra perché anche la destra stenta a vedere quello di destra”. Dopodiché, abbiamo riprovato con un altro traduttore automatico, e la traduzione è stata “semplicemente, è una questione di ambliopia: da noi, qualcuno vede bene solo con l’occhio destro, altri con l’occhio sinistro”. Poiché ci sono fior di oculisti (un ebreo pitiglianese, per esempio, ha salvato gli occhi dei cubani, vedi E. Calò, Forme di cecità e forme di cura, Moked 29 agosto 2017), possiamo sempre sperare che la visione bi-oculare possa migliorare, perché il mondo ha bisogno sia di umanità che di obiettività.