Le coccinelle, la rubrica di libri per bambini che oramai da qualche anno esce sulle pagine di Shalom – sia cartacee che virtuali – sono tornate in città dopo i consigli per le letture estive e un po di vacanza e di riposo. Questa volta parliamo di un libro solo, anzi di una sola storia, ma per farlo iniziamo da lontano. La letteratura per bambini e ragazzi nell’ultimo paio di anni sembra aver incitato, con notevole successo di pubblico e di critica, alla disubbidienza. Il più venduto e non solo in Italia, è stato sicuramente Storie della buonanotte per bambine ribelli. 100 vite di donne straordinarie di Elena Favilli e Francesca Cavallo pubblicato in Italia da Mondadori. E’ stato un caso editoriale poiché la versione americana, quella originale anche se le autrici sono due italiane, è stato finanziato dal basso sulla piattaforma kickstarter, rendendolo il libro più sostenuto con questa modalità (le persone che vi hanno contribuito sono state 20.025). Tanto è stato il successo che ne è seguito un secondo volume: Storie della buonanotte per bambine ribelli 2. Ma storie disobbedienti sono state anche Cattive ragazze. 15 storie di donne audaci e creative di Assia Petricelli e Sergio Riccardi, edite da Sinnos. Poi, oltre alla segnalazione della discriminazione di genere, ci sono stati i ribelli dello sport con Pesi massimi di Federico Appel (sempre Sinnos) o Le Olimpiadi del coraggio. Semplicemente eroi di Paola Capriolo (Einaudi Ragazzi) dedicato a Tommie Smith e John Carlos: gli atleti neri che sul podio dei 200 metri alle Olimpiadi a Città del Messico, il 16 ottobre 1968, con i pugni alzati, i guanti neri denunciano la segregazione e rivendicano i diritti degli afroamericani. Nell’elenco c’è anche L’autobus di Rosa (sulla storia di Rosa Parks) di Fabrizio Silei e Maurizio Quarello, edito da Orecchio Acerbo.
Tutte storie di persone che hanno effettivamente detto di no al pensiero dominante. E questo solo per citare alcuni titoli, molti dei quali sono stati recensiti e proposti anche in queste pagine: il grande successo ottenuto sembra suggerire che il pubblico giovane (e gli adulti che scelgono i libri) segnali una richiesta crescente di storie che mettano da parte i conformismi, capaci rompere pensieri acquisiti e benpensanti, desiderosi di combattere discriminazioni e pregiudizi. Di questo Le coccinelle e la sua autrice non possono che essere contente eppure, nel momento in cui la disobbedienza dovesse diventare moda piuttosto che pensiero critico, comoda sintesi invece che approfondimento, è necessario comunque rilevarne i limiti. E soprattutto è importante segnalare ai nostri giovani lettori che i comportamenti realmente disobbedienti hanno dei costi umani e intellettuali che esigono il loro conto. Perché il valore della disubbidienza varia da contesto a contesto: sembra banale ricordarlo ma Rosa Parks che si rifiutò di sedere sull’autobus nei posti riservati agli afroamericani per sedersi in un sedile riservato ai bianchi (e dando il via, sia detto in inciso, al boicottaggio dell’uso degli autobus a Montgomery da parte di tutta la popolazione afroamericana. Iniziativa che ha pieno titolo rientra nelle lotte degli afroamericani per la rivendicazione dei propri diritti) ha un valore parecchio diverso del non pagare il biglietto oggi.
E’ importante, anche nelle letture per bambini e bambine, ragazzi e ragazze, e ancor più se si fa riferimento a vicende e personaggi che hanno effettivamente agito nella storia, segnalare la complessità e il contesto. E’ essenziale raccontare contraddizioni e distonie di vicende che non necessariamente riguardano solo gli eroi. Perché consapevolezza e ribellione sono importanti se coniugati insieme. Raccontare ad una classe di bambini e bambine delle elementari la storia del signor Marchetti che il 16 ottobre del 1943 aprì la porta per farvi passare degli ebrei in fuga dalla retata nazista implica anche domargli cosa farebbero loro nel sentir bussare al loro uscio, oggi, in un alba piovosa. Significa riflettere su cosa significhi oggi disobbedire ad una legge ingiusta. Esempi apparentemente lontani ma che possono crudelmente avvicinarsi al nostro presente in cui la disobbedienza civile può essere un’opzione. Non solo individuale ma collettiva.
A riflessioni del genere deve aver pensato Daniele Aristarco che, dopo aver pubblicato con Einaudi Ragazzi Io dico no! – Storie di eroica disobbedienza adesso ha dato alle stampe, con la stessa casa editrice, Io dico si – storie di sfide e di futuro. Il filo che tiene unite le 23 storie del volume, in cui dire “si” significa “accettare sfide impossibili, realizzare utopie e difendere le conquiste”, è però un po’ esile. I racconti vanno dalle leggi di Hammurabi alla speranza di Pandora nei miti dell’antica Grecia piuttosto che alla compassione di Achille che si commuove alla richiesta di Priamo di avere indietro il corpo del figlio Ettore. E poi c’è il “si” all’equità sociale dei Gracchi, il “si” al futuro di Leonardo da Vinci, quello all’impegno nell’arte di Pablo Picasso e al giornalismo d’inchiesta di Nellie Bly o all’autonomia di Maria Montessori. Per arrivare al “si” alla pace dei soldati di Ypres – che potrebbe anche essere un “no” alla guerra – e al “si” alla memoria di Primo Levi.
Ma la storia di cui si parlava all’inizio è quella di Teresa Mattei che prima di dire “si” alla Costituzione (questo il titolo del racconto che le è dedicato) come più giovane eletta all’Assemblea Costituente di “no” ne ha detti parecchi: prima si è fatta espellere da tutte le scuole del Regno di Italia per aver detto in classe che le leggi razziali del 1938 erano una vergogna, poi ha fatto la Resistenza come partigiana combattente. Mattei, nome di battaglia Chicchi, nacque a Genova il 1º febbraio 1921 ed è morta dopo una vita lunga e piena di impegni a Casciana Terme il 12 marzo 2013. Inizia la guerra come staffetta poi fonda i Gruppi di difesa della donna di Firenze. Identifica il filosofo Giovanni Gentile prima dell’uccisone da parte dei partigiani. Finisce la guerra di Liberazione con il grado di Comandante di Compagnia. A Firenze è catturata dai nazisti, ma viene salvata dalla fucilazione da un gerarca fascista: “Una così brava ragazza – dice – non può essere una partigiana”. E’ stata nel Partito comunista Italiano finché non venne espulsa. Fu una pedagogista che ha dedicato anni all’educazione. In uno dei suoi ultimi interventi pubblici si rivolge ai giovani dicendo: “Siete la nostra speranza, il nostro futuro. Custodite gelosamente la Costituzione. Abbiamo bisogno di voi in modo incredibile. Cercate di fare voi quello che noi non siamo riusciti a fare: un’Italia veramente fondata sulla giustizia e sulla libertà”. Non tutte le cose che abbiamo raccontato sono nelle pagine che le dedica Aristarco che però ricorda un particolare curioso e, spesso, sconosciuto: fu lei a suggerire di utilizzare la mimosa come simbolo della festa della donna l’otto marzo, un fiore povero e molto diffuso nelle campagne italiane.