Se tra una passeggiata al Monte Conero ed un bagno al Passetto si vuole dedicare un po’ di tempo alla visita di Ancona la vicenda della locale comunità ebraica è di grande interesse. Vi si intrecciano storia e leggenda: i roghi sono certificati dai documenti ma uno dei primi boicottaggi al mondo potrebbe essere invece all’ombra di una misteriosa signora marrana che dall’Impero Ottomano ne ordina il sabotaggio.
Ma andiamo con ordine: porta tra Europa e Oriente il porto di Ancona è stato da sempre il centro delle attività economiche della locale comunità ebraica attiva ancora oggi. Per informazioni rivolgersi al sito http://ucei.it/blog/ancona/. Nel 2007 l’amministrazione comunale ha inaugurato il primo itinerario del Museo Diffuso di Ancona: “Chayim, sentieri ebraici”” ma la storia inizia in realtà da molto più lontano. Quando Ancona venne annessa allo Stato della Chiesa nel 1532 la vita degli ebrei cambiò radicalmente: i pontefici decretarono la chiusura del ghetto, imposero il segno, perseguitarono i marrani fino ad un tragico rogo in cui, nel 1556, vennero bruciate venticinque persone – oggi in piazza Malatesta vi è una lapide che ricorda il tragico episodio. Il crimine fu orrendo ed ebbe una vastissima eco anche al di fuori della penisola. Fu allora che Solimano il Magnifico, sultano dell’Impero ottomano, decretò il boicottaggio del porto a favore di quello di Pesaro. A metà tra storia e mito è il racconto che dietro all’ordine di Solimano ci fosse Dona Grazia Nasi – detta anche Beatriz de Luna – vedova marrana fuggita dalla penisola Iberica con le espulsioni dei Re cattolici, che fu a capo di un vasto impero commerciale che andava dal Mediterraneo ai Paesi Bassi. Ma le ragioni dell’economia vinsero sui principi e dopo due anni i traffici con l’oriente tornarono ad Ancona.
Fu nel 1569 che Ancona divenne il secondo dei due ghetti – dopo quello di Roma – in cui era possibile risiedere per gli ebrei dello stato pontificio: zone oggi irriconoscibili dopo le modifiche ai piani urbanistici susseguitesi a partire dall’1800. Nel 1860 viene demolita l’antica sinagoga levantina di via dei Levantini che riproduceva la pianta di un Tempio di Safed, in Palestina. Al suo posto oggi, in via Astagno 14, un edificio ospita due sinagoghe. In un edificio accanto – al numero 12 – sono conservati arredi pregiati e curiosità. Una gita particolare merita la suggestiva area verde a picco sul mare fra i colli Cardeto e Cappuccini: il territorio – oggi parco – sin dai tempi antichi venne utilizzato come cimitero, non soltanto per il gruppo ebraico, di cui vi sono lapidi che attestano la presenza dal 1550 fino all’1800 restaurato all’inizio del duemila.