“Sono
una persona che perdona. Mi sento tranquillo e non ho paura”. Sono le
prime poche parole che il rabbino capo dell’Associazione di mutua assistenza
israelita-argentina (Amia), Gabriel Davidovich, ha concesso ad un giornalista del
quotidiano Clarin.
Davidovich è
stato brutalmente aggredito lunedì mentre dormiva nella sua casa di Buenos
Aires. “Mi hanno picchiato – ha ancora detto – e mi sono saltati addosso, mi hanno dato calci quando ero ormai
steso a terra, poi non ricordo più nulla, perché mi sono risvegliato in
ospedale”.
Il rabbino
capo – che ha nove costole rotte e dovrà seguire un lungo tempo di assoluto
riposo – ha ricevuto messaggi di grande solidarietà dal premier israeliano
Benyamin Netanyahu e dal presidente argentino Mauricio Macri. Sono in corso le
indagini per identificare gli aggressori e per accertare la natura e le ragioni
di una tale violenta aggressione.
Rimane forte
il sospetto che l’azione sia però di natura antisemita e il pensiero non può
non andare a 25 anni fa: il 18 luglio 1994 l’Associazione di mutua assistenza
israelita-argentina fu fatta oggetto di un terribile attentato, commissionato
da agenti iraniani con la complicità di alcuni argentini. Nella sede dell’Amia
fu fatto esplodere un furgone carico di tritolo, fu una carneficina: morirono
85 persone e ne rimasero ferite centinaia.