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    Addio al sopravvissuto alla Shoah Steven Salen, il sarto dei presidenti e delle celebrità negli USA

    Si è spento pochi giorni fa in un ospedale di Manhasset, a New York, il sopravvissuto alla Shoah Steven Salen, sarto di abiti su misura per una clientela prestigiosa di presidenti, segretari di stato, produttori, registi e attori americani. Aveva 103 anni. 

    Come molti dei sopravvissuti, Salen decise di parlare degli orrori a cui aveva assistito e della sofferenza provata durante la deportazione soltanto in tarda età. “Amava invece parlare delle opportunità che l’America gli aveva offerto al suo arrivo nel 1949 – ricorda la nipote Rachel Landau Fisher sul JTA – e gli piaceva intrattenere figli e nipoti raccontando storie sui clienti e su ciò che aveva in mente di preparare per loro”. Come quando, osservando una vecchia foto, raccontò che “quell’elegante soprabito grigio che nel 1972 il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon indossò durante lo storico incontro con il premier cinese Zhou Enlai a Pechino era stato realizzato proprio da lui”.

    Nella sua casa di Bayside, nel Queens, sono conservati i ricordi della sua lunga carriera: annotazioni scritte personalmente che riguardavano decenni di lavori per clienti come il Presedente Richard Nixon e il suo Segretario di Stato, Henry Kissinger. Tra gli oggetti custoditi, un assegno da 3.170 dollari del Presidente Gerald Ford, il suo fermacravatta e il libro di memorie di Kissinger “White House Years” con dedica sulla copertina “A Steve Salen, che mi fa sembrare quasi presentabile”. Tra i suoi ultimi clienti, anche il regista Martin Scorsese e il produttore Harvey Keitel.

    A New York iniziò a lavorare da FL Dunn sulla Fifth Avenue e, dopo anni di duro lavoro e sacrificio, aprì il suo atelier tra Madison Avenue e la 53esima strada, nel cuore del quartiere dell’alta moda.

    Difficilmente accennava alla sua vita prima del suo arrivo negli Stati Uniti, “era sopravvissuto alla Shoah, ma per quanto quell’esperienza lo avesse plasmato, non voleva esserne identificato – racconta la figlia Elayne Landau – L’ho capito perché crescendo in una comunità di rifugiati, non ci siamo mai posti queste domande e la maggior parte delle persone non aveva intenzione di parlarne. La gente aveva bisogno di andare avanti”. 

    Solo all’età di 90 anni Salen trovò la forza di raccontare la sua terribile esperienza della deportazione. “Non credeva di essere riuscito a farlo. – ha detto la figlia – Purtroppo, a quell’età, non poteva ricordare molti dettagli. Ma grazie alle poche reminiscenze che avevo annotato nel corso degli anni, Rachel e io siamo riuscite a mettere insieme i pezzi della sua storia”.

    Steven Salen, il cui vero nome era Zoltan Salomon, era nato nel 1919 a Nelipyno, nell’ex Cecoslovacchia. Nel 1939 imparò il mestiere del sarto in una scuola gestita dall’American Jewish Joint Distribution Committee. Deportato dai nazisti, non rivide più i genitori né sette dei suoi undici fratelli. Nel 1943, dopo la liberazione da parte dei russi, si arruolò nell’esercito cecoslovacco, diventando sergente. Dopo il matrimonio con Frantisca, nel 1949 emigrò a New York, dove trovò subito lavoro come sarto.

    Sua moglie, che prese il nome americano di Frances, morì prima di lui, come anche suo figlio Jeff, cofondatore di una delle prime band punk rock americane degli anni ‘70, i Tuff Darts. Lascia la figlia Elayne, il genero Matthew Landau, la nuora Diana Salen e quattro nipoti. 

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