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    Addio a Tova Berlinski, la pittrice della cenere di Auschwitz

    L’artista Tova Berlinski scomparsa a 106 a Gerusalemme ha legato tutta la storia personale ad Auschwitz. Nella città polacca aveva lasciato la famiglia e i ricordi felici della sua infanzia e della giovinezza. Berlinski infatti era nata ad Auschwitz nel 1915 e vi aveva vissuto oltre trent’anni. Lì aveva conosciuto il marito Eliyahu Berlinski e con lui clandestinamente era arrivata in Palestina nel 1938, vivendo quindi la costruzione dello Stato d’Israele. D’Israele aveva visto gli anni del mandato britannico – Eliyahu Berlinski fu fatto anche prigioniero – spostandosi poi a Gerusalemme dove è vissuta fino ai suoi ultimi giorni. Per lei era poi cominciata nuova vita studiando arte all’accademia Bezalel e iniziando a esporre anche all’estero.

     

    Auschwitz per lei aveva presto perso il suono di “casa” per diventare soltanto il ricordo straziante della famiglia sterminata a una manciata di km dalla sua abitazione. Da quel momento la sua pittura si era fatta scura lasciando poco o nullo spazio al colore. Non solo i volti della sua famiglia, ma anche i paesaggi, i fiori e gli interni vuoti si erano intrisi di dramma e di grigi con poche eccezioni. Emblematica era stata la mostra “Fiori neri” allestista all’Israel Museum nel 1995, con fiori neri e bluastri chini verso il pavimento e su fondi indefiniti. Niente politica, almeno nella sua pittura, ma solo la vita spesso rappresentata con le tinte della cenere, quasi ispirata dalla Colchide il fiore di cenere che compare nelle poesie di Paul Celan.

     

    Eppure timidamente il colore era tornato nei suoi quadri quando, all’età di 102 anni, cominciava ad esporre delle serie in cui la natura si riappropriava di una maggiore serenità. Difficile dire se fu un segno di una pace ritrovata, come disse in una delle sue ultime interviste: “Il colore mi è tornato… Non alla mia vita, ma a me. Non so perché. “

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