“Chiediamo in coro, con tutti coloro che hanno subito ogni persecuzione del regime fascista e combattuto le guerre di questo Paese, che il Parlamento non approvi questa disposizione in sede di conversione di questo indifferente decreto e che memoria sia fatta “. Con queste parole l’ Unione delle Comunità ebraiche italiane fa appello al Parlamento di recedere dall’approvazione del taglio di 50 milioni a sostegno dei perseguitati politici, razziali e dei pensionati di guerra, come delineato nel decreto fiscale. Si tratta di una sforbiciata al Fondo istituito al ministero dell’Economia che ha effetto immediato e che sta scatenando furenti polemiche. A ottant’anni dal varo delle leggi razziali vengono tagliati gli assegni che furono istituiti nel 1955 e destinati a chi aveva subito la persecuzione dalla dittatura fascista poiché di religione ebraica o per le idee politiche avverse. Gli assegni di circa 500 euro al mese, dunque, non saranno più elargiti. L’Ucei, con la presidente Noemi Di Segni in testa, si è rivolta direttamente al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, chiedendo un passo indietro, ma ha anche chiesto al ministro dell’Economia Giovanni Tria e al sottosegretario Giancarlo Giorgetti di poter essere ascoltata dalla commissione Finanze, che sarà chiamata ad esaminare la prossima legge di bilancio e invita il governo a tornare sui propri passi.
Il Fondo per i perseguitati politici, razziali e per i pensionati di guerra finisce nella spending review volta a rastrellare fondi per sostenere la manovra finanziaria. Per un risparmio tutto sommato esiguo, ossia 50 milioni all’interno di una manovra finanziaria da 27 miliardi di euro, il governo va ad intaccare dei diritti ormai acquisiti in seguito ad una delle più brutte pagine della storia dell’Italia. L’assegno pensionistico da 500 euro al mese spetta oggi a circa qualche migliaio di persone in qualità di risarcimento per essersi visti privare dalle leggi razziali diritti come quello all’educazione nelle scuole o al lavoro.