Una riflessione sull’audiovisivo
come strumento di propaganda politica e culturale. È questo il tema della
rassegna ‘Il fascismo: un ventennio di immagini’, che si terrà a Roma dal 7 al
12 novembre. In programma ci sono due dei più celebri film prodotti durante il
ventennio, “Treno popolare” e “Piccolo Mondo Antico”, due film non allineati,
molto diversi dagli altri che uscivano durante il periodo del regime fascista.
“Treno popolare” è un’opera
filmica del 1933 diretta da Raffaello Matarazzo, prima esperienza del regista
con la cinepresa, rappresenta una novità nel panorama cinematografico
dell’epoca. Il film è ambientato, come suggerisce il titolo, in un treno
popolare, ovvero un particolare servizio ferroviario istituito nel 1931 per i
meno abbienti. Le ferrovie italiane avevano indetto una tariffa agevolata per
chi voleva dirigersi verso mete di vacanza. I treni popolari furono quindi un
caposaldo della cultura dell’epoca e Matarazzo diede a questo fenomeno uno
spazio rappresentativo nella sua opera prima.
La pellicola è stata realizzata
da una manovalanza giovanissima e inesperta, lo stesso regista non aveva più di
ventitré anni e molti degli attori furono presi dalla strada. Anche il
compositore Nino Rota esordisce ventenne scrivendo la colonna sonora. Celebre
fu anche la reazione del pubblico, che disdegnò e fischiò la pellicola.
L’autore in un’intervista ricorda che “era la prima volta che la gente vedeva
una cosa del genere; hanno gridato e fischiato come non s’era mai visto
fischiare un film; erano rossi a forza di fischiare. Quel film era quello che più
tardi venne chiamato neorealismo. Fu una serata molto triste per me”.
Matarazzo porta per la prima
volta sullo schermo il divertimento, lo svago, il piacere dell’evasione, ma
l’Italia non è ancora pronta. La storia racconta un triangolo amoroso dal punto
di vista di una coppia che parte per una gita fuori porta da Roma a Orvieto.
L’equilibrio si interrompe quando i due conoscono un ragazzo che vuole fargli
da guida locale.
I prodotti filmici della
propaganda fascista inibiscono gli spettatori, non ancora abituati alla forza
prorompente del neorealismo. Matarazzo curò la regia di “Mussolinia di Sardegna
e Littoria”, opere che non poté rifiutare di girare, come dichiarò molti anni
dopo esprimendo i suoi sentimenti di opposizione al regime.
Un’altra gemma del periodo è
“Piccolo Mondo Antico”, pellicola del 1941 con la regia di Mario Soldati,
scrittore e sceneggiatore che vinse il premio Strega nel ’54 con “Lettere da
Capri”. Soldati, noto antifascista, amico di Giacomo Debenedetti e Carlo Levi,
realizzò il film a partire dal romanzo del decadentista Antonio Fogazzaro.
L’intenzione del cineasta era quella di riportare la letteratura nel cinema
seguendo lo stile calligrafico, corrente espressiva dell’epoca. L’eccessivo
realismo, l’uso del dialetto, il verismo di una narrazione che racconta un
piccolo mondo antico ottocentesco di un Italia in guerra contro l’Austria,
annessa all’epoca alla Germania nazista, sono gli elementi di innovazione di
quest’opera. Soldati l’ha sempre rivendicata come dichiaratamente antifascista,
e la scena in cui si urla “Viva la libertà” venne infatti censurata. La storia
ha una forte protagonista, elemento di novità rispetto alla rappresentazione
femminile promossa dalla propaganda fascista. Alida Valli, attrice del film,
interpreta Luisa, angelo del focolare che compie il suo processo di
emancipazione opponendosi al marito.
Queste due opere hanno
rappresentato un barlume di luce in un’epoca in cui il cinema aveva unicamente
fini politici e propagandistici. Ciononostante, Mario Soldati e Raffaello
Matarazzo riuscirono ad essere degli innovatori.