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    «L’odio omicida contro gli ebrei è ancora vivo. Lavoriamo per la memoria» – Intervista a Revital Yakin Krakovsky di March of the Living

    In occasione dell’ottantesimo anniversario della razzia del 16 ottobre, verrà organizzata una storica marcia, che non solo vedrà la presenza del sindaco di Roma Roberto Gualtieri e del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma vedrà anche la partecipazione dell’International March of the Living, programma educativo che porta persone da tutto il mondo in Polonia e Israele per studiare la storia della Shoah ed esaminare le radici del pregiudizio, dell’intolleranza e dell’odio.

    Alla marcia nella Capitale sarà presente anche Revital Yakin Krakovsky, vice direttore generale dell’organizzazione, la cui storia è intrecciata con quella della Comunità Ebraica romana. È infatti la pronipote di Angelo Sonnino, un venditore di souvenir arrestato a Piazza Venezia a causa di un delatore, che venne deportato ad Auschwitz e assassinato. Parteciperà insieme alle sue figlie e a suo padre, Yair Yakin, figlio di un soldato della Brigata Ebraica, David, e una delle figlie di Angelo, Silvana.

    “La presenza di tre generazioni alla marcia è particolarmente simbolica e molto forte” ha affermato Revital Yakin Krakovsky, intervistata da Shalom per approfondire il tema dell’educazione e del ricordo della Shoah, un argomento che assume un significato particolare dopo le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre 2023.

     

    Che cosa prova dopo quanto accaduto nel sud di Israele?

    Non riesco a comprendere le crudeltà commesse da Hamas. Non hanno parole per essere descritte. I nostri cuori sono spezzati. Ero in Europa quando è scoppiata la guerra, con una delegazione di sopravvissuti alla Shoah. Stare con loro mi ha dato forza.

    Nonostante la guerra sono a Roma con la mia famiglia perché dobbiamo continuare a raccontare al mondo gli orrori della Shoah. Non possiamo lasciare che questo venga dimenticato, perché l’odio antisemita è ancora presente e prende di mira gli ebrei di tutto il mondo. A livello personale, camminare sulle orme del mio bisnonno qui a Roma, 80 anni dopo la Shoah, è qualcosa che io e le mie giovani figlie non dimenticheremo mai.

     

    Le immagini che stiamo vedendo in questi giorni ci riportano a giorni bui. Lei è pronipote di una vittima della Shoah, come sta vivendo tutto questo?

    È molto difficile per me esprimere a parole i miei sentimenti. Le immagini di corpi bruciati, di bambini assassinati nei loro letti, di anziani uccisi o feriti, di intere famiglie che sono state cancellate, gli orrori della scorsa settimana non mi lasciano. Ora dobbiamo essere vigili, forti e pronti.

     

    Il March of the Living questa volta assume un significato diverso?

    Marciamo a Roma per ricordare al mondo che la Shoah, il capitolo più terribile della storia umana, deve essere ricordata. Sfortunatamente, la lezione è molto attuale oggi: l’odio omicida contro gli ebrei non è scomparso dal mondo. La settimana scorsa, Israele ha pagato un prezzo di sangue inimmaginabile, nel più grande massacro contro gli ebrei dai tempi della Shoah. Marceremo nel luogo da cui gli ebrei romani furono deportati ad Auschwitz, con il cuore pesante e un grande dolore per il passato e il presente.

     

    Perché è importante ricordare la Shoah?

    Viviamo in un’epoca in cui tutto è discutibile. Anche la Shoah viene negata e distorta, e ciò accade anche adesso che i sopravvissuti sono ancora vivi e in grado di raccontare la storia. Viviamo in un mondo in cui gli ebrei vengono ancora presi di mira, discriminati o attaccati solo perché ebrei. Queste sono le ragioni per cui dobbiamo educare alla Shoah e per cui la memoria deve essere mantenuta viva.

    Abbiamo anche il dovere morale di educare e ricordare la Shoah, perché 6 milioni di ebrei hanno pagato con la vita. I sopravvissuti ci hanno affidato una missione: portare la fiaccola della memoria e mantenerla viva. Noi dell’International March of The Living abbiamo accettato questa missione e la stiamo svolgendo con le visite ai luoghi della tragedia, come Auschwitz-Birkenau, Treblinka e Majdanek. Chi partecipa al programma diventa un difensore della verità finché vivrà.

     

    In un periodo in cui i testimoni sono sempre meno, è necessario riflettere su come le prossime generazioni dovranno fare Memoria. Secondo lei, siamo pronti ad affrontare il giorno in cui non ci saranno più sopravvissuti?

    Dobbiamo essere preoccupati per il futuro dell’educazione alla Shoah, perché vediamo sempre più antisemiti e negazionisti. Sappiamo che il nostro lavoro diventerà sempre più importante negli anni a venire, ma credo che non siamo pronti, non abbiamo strumenti sufficienti.

     

    Quindi qual è il futuro del ricordo della Shoah?

    Dobbiamo trasmettere il messaggio con nuovi strumenti. Non possiamo parlare alla prossima generazione come ai nostri padri è stato detto della Shoah. Dobbiamo quindi adattarci, non possiamo rimanere fermi sul nostro modo di educare. Dobbiamo rimanere forti di ciò che educhiamo, ma dobbiamo cambiare. È un aspetto su cui stiamo riflettendo e lavorando, testando nuove tecnologie, come l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Ma credo che la Marcia dei Vivi, in giro per l’Europa e in Polonia, sia qualcosa che non vorremmo cambiare, perché è un’esperienza che prende il corpo, la mente e l’anima. Perciò, a prescindere da quanto sarà avanzata la tecnologia, non abbandoneremo mai la marcia.

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