Sono passati oramai
cinque anni da quando Sarah Halimi è stata brutalmente picchiata e poi uccisa
perché ebrea dal vicino di casa Kobili Traoré, musulmano originario del Mali,
con chiaro movente antisemita. A un anno dalla sentenza delle Cassazione
francese, che ha stabilito la non punibilità dell’assassino perché ritenuto in
preda a crisi psicotica da uso di hashish, lunedì 23 maggio al Centro
Bibliografico Tullia Zevi dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane si
svolgerà una serata organizzata dall’UCEI in memoria di Sarah Halimi.
L’incontro sarà una significativa occasione che porterà, anche in Italia, la
battaglia di civiltà per far cambiare la norma che deresponsabilizza chi
commette crimini anche gravissimi ed efferati, inclusi i crimini d’odio
razziale e di matrice terroristica. Shalom ha incontrato Yonathan
Halimi, il figlio di Sarah, che interverrà in rappresentanza della famiglia.
‘Il suo nome non sarà
dimenticato’, quali iniziative sta compiendo?
Per prima cosa vorrei
precisare che noi come famiglia non giudichiamo l’assassino della mamma, ma chiediamo
giustizia. Per ricordare la mamma, la mia famiglia ha fondato in Israele
l’associazione benefica Ohel Sarah che ha sede a Haifa e di cui sono il
rabbino. Sarah Halimi era una donna buona, amava i bambini, viveva con loro e
per loro, insegnava l’amore, il rispetto, l’osservanza delle mizvot, l’ahavat
Israel. Vogliamo che questa sua profonda umanità rimanga imperitura, venga
trasmessa e messa a disposizione di chi ha bisogno di aiuto, dei giovani, delle
famiglie che vengo a vivere in Israele per non dover più lottare contro
l’antisemitismo. Ohel Sarah sta crescendo ed è sempre più attiva. Siamo
profondamente grati ad ogni singola persona e ad ogni istituzione che compatte
la battaglia per la giustizia al nostro fianco, giorno dopo giorno, che non ci
lascia soli.
Cosa pensa della
decisione dei tribunali francesi che in secondo e terzo grado di giudizio hanno
accolto l’istanza della non punibilità di Traoré?
È stata una decisione
illogica, incomprensibile. L’assassino ha assunto volontariamente la droga per
assassinare la mamma, come si può, permettere ad un irresponsabile di rimanere
impunito? È inaccettabile. Mentre per altri ‘affari’ la Corte di Cassazione ha
fatto giurisprudenza, per la mamma ha rinunciato, si è limitata ad una lettura
‘meccanica’ e restrittiva delle norme senza prevederne l’interpretazione.
Non è quindi stata fatta
giustizia?
No, non è stata fatta
giustizia alla mamma. Malgrado la straordinaria mobilitazione di migliaia e
migliaia di persone, malgrado la grande partecipazione alla manifestazione
della Place du Trocadero a Parigi lo scorso anno, malgrado le iniziative in
tutta la Francia e nel mondo, inclusa l’Italia, non è stata fatta giustizia.
Francois Kalifat, il
presidente del CRIF, il Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche
francesi, aveva commentato che con quella decisione Sarah Halimi era morta una
seconda volta.
È così, è la verità, la
mamma è stata assassinata perché ebrea. È stata vittima innocente di un atto
inequivocabile di antisemitismo. L’assassino ha riconosciuto i lumi del Sabato a
casa della mamma, era perfettamente lucido ha pronunciato frasi chiare e
inequivocabili ma non è stato punito. La decisione della Cassazione
è stata una seconda terribile coltellata al cuore.
Emmanuel Macron ha
annunciato una modifica dell’articolo sull’irresponsabilità penale. Cosa ne
pensa?
La modifica non riporterà
in vita la mamma ma sarebbe più che auspicabile che questo avvenisse, che
questa aberrazione della legge cessasse. Si è anche detto che la legge dovrebbe
portare il nome della mamma, sarebbe un omaggio postumo, un monito a non
compiere crimini efferati, destinato a rimanere nella memoria collettiva della
Francia.
Dodici ebrei francesi
sono stati assassinati dal 2000 perché ebrei e l’antisemitismo in Francia non
accenna a diminuire.
No, assolutamente no.
Dobbiamo prendere atto dell’aumento degli episodi di antisemitismo,
riconoscerli, alzare la nostra voce e non permettere che gli assassini restino
impuniti.
Cosa si aspetta dal suo
viaggio a Roma?
La mamma ha donato tutta
la sua vita al prossimo, a noi figli, ai nipoti a chiunque le si avvicinasse.
Era un medico che ha deciso di dedicarsi all’asilo nido in cui vedeva crescere
i piccoli nell’amore per la Torà. La vorrei ricordare nella sua dedizione
incondizionata e cristallina. Ringrazierò l’ebraismo italiano che mi accoglie,
che mi sostiene fin dalla nascita di Ohel Sarah con una mano tesa, sempre
pronto ad aiutare.