Ricorre oggi l’anniversario di una triste data per gli ebrei italiani: il 3 novembre 1943, infatti, gli ebrei genovesi furono deportati dai nazisti nei campi di sterminio. In quel periodo si aveva piena consapevolezza dei rischi che si correvano nell’Italia occupata dal Reich; già altre comunità erano state vittime del medesimo triste destino, a partire da quella di Roma, che ebbe il suo sabato nero il 16 ottobre.
Mercoledì 3 novembre le truppe naziste fecero irruzione nella sinagoga, costringendo il custode a consegnare l’anagrafe con gli iscritti alla comunità. Un primo gruppo di ebrei venne catturato con un inganno proprio nel luogo di culto, mentre altri furono presi il giorno seguente. Tra questi vi era anche il Rabbino Capo di Genova Riccardo Pacifici: per lui, come per la maggior parte degli altri ebrei del capoluogo ligure, il tragitto vide prima il carcere di Marassi, poi il trasferimento in quello di San Vittore a Milano o nel campo di Fossoli e infine Auschwitz, dove Pacifici morì insieme a sua moglie Wanda Abenaim.
In questa tragica storia Riccardo Pacifici si può ricordare per il suo gesto eroico: pur avendo la possibilità, invece di fuggire, rimase al suo posto e non abbandonò gli ebrei genovesi.
La comunità di Genova contò 261 ebrei deportati, di cui solo 20 fecero ritorno a casa. Tra questi vi era anche il romano Giuseppe Di Porto, sfuggito alla retata del 16 ottobre grazie al trasferimento, pochi giorni prima, insieme al cugino Amedeo proprio a Genova. Entrambi però furono catturati il 3 novembre. Dopo il consueto percorso di prigionia furono deportati ad Auschwitz e avviati al lavoro a Monowitz. Nonostante l’inferno che furono costretti a vivere, i due cugini riuscirono a resistere e, dopo l’evacuazione dei campi, a scappare. Amedeo venne però ucciso nella fuga, mentre Giuseppe riuscì a salvarsi e, dopo un lungo peregrinare, a tornare a Roma, dove avrebbe sposato Marisa Di Porto, anche lei sopravvissuta ai campi di sterminio.
In ricordo degli ebrei genovesi deportati, ieri sera alcune centinaia di persone hanno partecipato alla marcia della memoria organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Comunità Ebraica di Genova e dal Centro culturale Primo Levi. Il corteo è partito da Galleria Mazzini ed è arrivato fino alla sinagoga di via Bertora. Presenti tra gli altri la presidente della Comunità ebraica di Genova Raffaella Petraroli Luzzati, il prefetto di Genova Renato Franceschelli, il vicepresidente del Consiglio regionale Armando Sanna, l’assessore regionale Simona Ferro, il vicesindaco Pietro Piciocchi, la consigliera delegata della Città metropolitana Laura Repetto e don Francesco Doragrossa in rappresentanza dell’arcivescovo di Genova.
“Ricordare è una necessità, non è solo un dovere di rispetto, è un momento di riflessione per capire il presente” ha sottolineato il rabbino capo della comunità genovese Giuseppe Momigliano.