“21 lezioni per il XXI secolo” è un vademecum per chi, incerto o disorientato, non comprende bene questa nostra epoca frenetica. Quello di Yuval Noah Harari è un saggio che spazia dalla storia alla riflessione sulla biotecnologia, passando per la filosofia, la sociologia, la politica, la fantascienza e l’ecologia. Fantascienza è forse un termine poco adatto perché le tesi qui sostenute sono previsioni che del distopico e del fantastico hanno in effetti poco, di un’ipotetica realtà futura invece molto. Il liberalismo è messo sotto accusa insieme all’Occidente e al concetto stesso di democrazia, in apparenza baluardo del nostro mondo ma di fatto ultimo anello di una catena lunga secoli. Le grandi ideologie sono state ampiamente messe a processo, incapaci come erano di rispondere alle richieste impellenti poste dalla società. Il liberalismo sembrava invece soddisfare ogni necessità e rispondere a ogni interrogativo. Tocca ad esso oggi la stessa sorte toccata in passato ai suoi rivali, con il vantaggio forse di aver imparato dagli errori altrui per non morire. Le sfide in atto sono come le facce diverse di un unico tetraedro. C’è la crisi climatica, lo sviluppo esponenziale delle tecniche e dell’intelligenza artificiale. Poi c’è l’uomo, incapace di gestire il marasma di informazioni e novità da cui ogni giorno è sommerso. Parafrasando Harari potremmo dire che per ogni passo in avanti che la scienza e la tecnica compiono, sarebbe necessario ricordare i pericoli che da queste potrebbero seguire. Sono l’analisi, la critica e la deduzione le armi di cui munirsi, strumenti del filosofo e dello storico. È sul terreno della coscienza, unica cifra che distingue l’uomo dalla macchina, che noi possiamo sfidare l’intelligenza artificiale e perché no, imparare a dominarla o affiancarla; per esempio, ci sarebbe molto da dire sull’aiuto che i computer hanno dato ai campioni di scacchi negli ultimi decenni. Noi condividiamo con le macchine l’intelligenza, intesa come capacità di risolvere i problemi, ma non spartiamo con loro l’interiorità, almeno finora. Questa è sinonimo di responsabilità e dunque di capacità decisionale, abilità di imporsi come soggetto e dunque anche di ribellarsi. Lungi dall’auspicare una dittatura digitale e un aumento vertiginoso della disoccupazione dovuta alla sostituzione degli umani con le macchine, Harari ci consiglia di provare a gettare uno sguardo sul futuro per prevederne i limiti e le complicazioni di quella che ha l’aria di essere non una “sostituzione etnica” ma una “sostituzione d’ingegno”. Filosofi di tutto il mondo unitevi, perché se non ora quando? E se non noi chi per noi?