L’emergenza dovuta al diffondersi del Covid19 “e’ una cosa di Allah, una cosa positiva” in quanto “la gente sta impazzendo” e per i non musulmani “tutto l’haram (parola che in arabo significa ‘cio’ che e’ vietato’) adesso e’ difficile farlo” cioe’ sono stati “tolti loro i vizi quali fumare, bere e andare in giro, che caratterizzano il loro stile di vita”. Lo diceva Nicola Ferrara, arrestato a Milano per istigazione e apologia del Terrorismo, aggravato dalla minaccia internazionale e dal proselitismo nei confronti dell’Isis e dalla diffusione delle dottrine pericolose tramite internet. Il 38enne, originario di Canosa di Puglia, in provincia di Bari, conversava cosi’ con un suo conoscente, O.Y. al telefono il 27 marzo, in piena pandemia, quasi gioendo in modo “cinico” del diffondersi globale del virus e delle costrizioni dovute al lockdown. Secondo la ricostruzione degli investigatori, Ferrara si era trasferito a Milano nel 2011 e nel 2015 era gia’ ad un buon livello di “radicalizzazione estrema”, come confermato da intercettazioni e pedinamenti condotti dai Ros milanesi.
L’attività investigativa, sviluppata lungo un consistente lasso temporale, ha consentito di documentare l’assidua condotta posta in essere dall’indagato, il quale, aderendo pienamente all’ideologia estremista di matrice salafita, si è impegnato nel diffondere il credo propugnato dall’autoproclamato Stato Islamico, esaltandone le gesta in chiave apologetica e istigando i propri interlocutori a unirsi al jihad globale contro i miscredenti. A conferma di quanto è ormai consolidato, l’indagato, per realizzare il proprio disegno criminoso, si è avvalso della rete internet, strumento più efficace per colpire le fasce di popolazione mondiale maggiormente influenzabili, utilizzando i social media (tra gli altri, Facebook e la piattaforma ‘Sound Cloud’) per condividere immagini e documenti audio/video di esaltazione delle azioni violente del Daesh. I fatti contestati, commessi in Milano dal novembre 2015 e tutt’ora in atto, sono aggravati dalle finalità di terrorismo internazionale e dall’utilizzo dello strumento informatico e telematico.
La pericolosità dell’indagato è stata avvalorata dal circuito relazionale – sia nazionale, sia internazionale – particolarmente qualificato, composto da una rete di persone dedite alla sistematica propaganda a favore dello Stato Islamico e dell’esaltazione del Jihad mediante la condivisione di post e commenti sui social. (Sib/Adnkronos)