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    Il revenge porn è reato. Approvata la legge

    La Camera ha approvato ieri all’unanimità, con 461 voti, l’emendamento al disegno di legge ‘codice rosso’ che introduce il reato di revenge porn, dopo che è stato raggiunto l’accordo tra maggioranza e opposizione. Sulla norma, che vieta la diffusione di video hard a fini ricattatori, la settimana scorsa si era registrato uno scontro in Aula, dopo la presentazione del relativo emendamento da parte di Federica Zanella, di Forza Italia, con rinvio dell’esame del disegno di legge ‘codice rosso’, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Alla ripresa dei lavori oggi è stato presentato un nuovo emendamento della commissione, condiviso da tutte le forze politiche, da parte della relatrice del provvedimento Stefania Ascari del Movimento 5 Stelle.

    In base al testo proposto dalla commissione, “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro”. “La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici”. “La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale”. Si procede tuttavia d’ufficio quando i fatti sono commessi nei riguardi di persona in stato di inferiorità fisica o psichica o di una donna in gravidanza, “nonché quando il fatto è commesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.

    RITIRATO EMENDAMENTO SU CASTRAZIONE CHIMICA – Quanto all’emendamento sulla castrazione chimica, la ministra della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, ne ha annunciato il ritiro. “Noi della Lega avevamo chiesto di aggiungere con un emendamento quella che nel linguaggio tecnico viene definita la castrazione chimica, che non è altro che un trattamento farmacologico volontario e reversibile, già previsto in altri Paesi. Siamo consapevoli che questo emendamento, in questa fase, non è condiviso dai Cinque Stelle. Abbiamo, quindi, deciso di ritirarlo – ha detto Bongiorno – Ora, infatti, abbiamo una priorità: quella di mandare avanti compatto questo governo”.

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