E’ difficile
trovare un adulto che non abbia fatto i conti con il mal di schiena. Ma
“se la schiena degli italiani non è messa bene, quella dei romani ha un
problema in più”. A spiegarlo all’AdnKronos Salute è Alessandro Napoli,
medico del Dipartimento di Scienze radiologiche, oncologiche e
anatomopatologiche dell’Università Sapienza di Roma, che chiama in causa le
buche. Tornate protagoniste sui giornali, dopo l’annunciato intervento
dell’esercito per coprirle, le buche non sono legate solo agli incidenti
stradali. “La vita sedentaria è un fattore predisponente all’ernia del
disco, soprattutto in zona lombo sacrale, ma ultimamente la presenza delle
buche nelle strade ha aumentato la sintomatologia e la fuoriuscita dell’ernia,
con sciatalgia e dolore”, dice Napoli. Insomma, gli spostamenti quotidiani
e lo slalom tra ‘crateri’ e sanpietrini, ben noto agli abitanti della Capitale,
alla lunga si fa sentire sulla schiena. Il problema sono proprio “le
microsollecitazioni – precisa l’esperto – piccoli traumi ripetuti attraverso i
quali si crea un danno fisico sul disco, che poi permette la fuoriuscita
dell’ernia”. Ma come proteggersi? “Un buon allenamento fisico”,
mirato a rinforzare la muscolatura, “aiuta. Insieme a un corretto stile di
vita”. Ma certo la vita in città presenta insidie, e per lo specialista
evitare “la presenza di elementi estranei come le buche”
contribuirebbe.
La buona
notizia per chi è afflitto da mal di schiena arriva da una ricerca: è possibile
trattare l’ernia del disco in modo meno invasivo rispetto alla chirurgia, con
la tecnica percutanea di radiofrequenza pulsata. “In pratica, dopo il
fallimento del trattamento conservativo, con gentili correnti elettriche sfiammiamo
e togliamo il dolore, consentendo al corpo di ‘riassorbire’ l’ernia”, dice
Napoli. In uno studio clinico di fase III, il ricercatore ha coinvolto pazienti
affetti da ernia del disco con dolore lombare e sciatica, sottoposti a un’unica
seduta (10 minuti) di radiofrequenza pulsata con un ago sottilissimo. Il gruppo
di controllo è stato invece trattato con 1-3 sessioni di iniezioni locali di
farmaci corticosteroidi. In entrambi i casi, dunque, un approccio percutaneo,
sotto la guida delle immagini Tc per una migliore precisione e sicurezza della
terapia. Lo studio si è svolto nell’arco di un anno e mezzo. Su 260 pazienti arruolati,
128 sono stati trattati con radiofrequenza pulsata e 120 con corticosteroidi
locali. Ebbene, una percentuale molto alta di pazienti del gruppo della
radiofrequenza pulsata “ha ottenuto un miglioramento generale
significativo soprattutto per il dolore e la disabilità durante il primo anno.
Il sollievo dal dolore alle gambe (sciatalgia) è stato più rapido e i pazienti
hanno anche riportato un più rapido tasso di recupero percepito”, conclude
Napoli. (Mal/AdnKronos)