Anche nei campi di sterminio, nei gulag russi o
nei campi giapponesi, qualcuno ha sublimato il suo dramma componendo musica. Lo
hanno fatto molte donne internate nei lager tedeschi i cui canti rivivranno in
prima assoluta all’Auditorium di Roma il 16 gennaio, in occasione del Giorno
della memoria 2019, nel concerto ‘Libero è il mio canto’. Grazie al lavoro di
ricerca del maestro Francesco Lotoro, saranno eseguiti 18 brani creati da
compositrici, in cui si alternano sogni d’amore, incitazioni alla resistenza,
denunce di crudeltà disumane, ninne nanne per bambini, brani dedicati alla
natura e all’arrivo della primavera, ma anche parodie di celebri canzonette,
tra cui “Mamma, son tanto felice”, che veniva cantata in polacco nel
Stammlager di Auschwitz, con parole struggenti composte per l’occasione. Un
repertorio, quello di “Libero è il mio canto”, che copre il periodo
fra il 1933 (apertura del KZ Dachau) e il 1953 (morte di Stalin) raccogliendo,
interpretando, trascrivendo, digitalizzando musiche provenienti da ghetti,
campi nazisti, gulag russi, Zigeunerblock per i Rom. Un impressionante
documento della sofferenza di esseri umani di diversa provenienza, religione,
cultura, accomunati dal desiderio di creare ed esprimere bellezza anche
nell’orrore e nella tragedia. Ad eseguire i brani saranno il coro delle voci
bianche dell’Accademia di Santa Cecilia e un coro solo femminile che eseguirà
il Salmo scritto per la liberazione di Auschwitz, e, inedito in Italia, e il
Bolero di Ravel cantato a cappella, come avveniva nel campo di internamento
giapponese di Palembag in Indonesia per la mancanza di strumenti musicali, ma
grazie a due giovani musiciste inglesi. A raccontare la storia, laddove
conosciuta, delle autrici delle composizioni, sarà l’attrice Paola Pitagora.
“Quella che abbiamo voluto celebrare – spiegano le ideatrici dell’evento,
Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese, che da sei anni organizzano il
Concerto per il Giorno della Memoria per l’UCEI e la Presidenza del Consiglio –
è una pagina commovente e inedita della storia della musica, che testimonia la
straordinaria vena artistica femminile in un ambito, quello della composizione
musicale, in cui le donne sono praticamente assenti. In un mondo in cui stanno
rinascendo razzismi, maschilismi e paura del diverso è importante dare voce ai
valori di umanità, accoglienza, amore ed empatia che contraddistinguono
l’universo femminile, mettendo al centro la sofferenza di donne di diverse
religioni e di diverse provenienze geografiche e sociali”. “La Musica
è da sempre, nella millenaria storia ebraica, un linguaggio di espressione e
comunicazione – ricorda Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità
ebraiche italiane – attraverso il quale si sono recitate preghiere collettive e
personali, innalzati inni e lamentazioni, lodi per i miracoli, suppliche per le
vicende strazianti e dolorose”. In particolare la produzione musicale
femminile costituisce una grande lacuna nella storia artistica dell’umanità. Se
pochissime donne riuscirono a sfidare le convenzioni e a imporsi come pittrici,
scrittrici, scultrici, le compositrici sono praticamente inesistenti nella
storia della musica. Dunque,”Libero è il mio canto” vuole restituire
una dignità alla realtà sommersa delle musiciste, e dare voce al loro talento.