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    La storia di Roger Sabbadini presentata al Centro Studi Americani di Roma

    Un libro in grado di regalare emozioni – in virtù della storia avvincente che narra – e che allo stesso tempo offre spunti di riflessione, trattando i temi dell’antisemitismo, delle leggi razziali, della Shoah. Con queste parole l’avvocato Barbara Pontecorvo ha introdotto la presentazione di “Unavoidable Hope: A Jewish Soldier’s Fight to Save His Family from Fascism” di Roger Sabbadini, svoltasi presso il Centro Studi Americani davanti a un folto pubblico, dove, tra emozione e curiosità, erano presenti anche diversi parenti della famiglia protagonista.

    Questo autore italo-americano ha deciso di raccontare la storia di suo padre, Alessandro Sabbadini, nato a Roma nel 1916 in una famiglia pienamente integrata nella società italiana. L’emanazione delle leggi razziali nel 1938 colpì anche la famiglia Sabbadini e Alessandro fu espulso dall’esercito. Riuscì a fuggire negli Stati Uniti, ne divenne cittadino e si arruolò: a quel punto la coraggiosa decisione di tornare in Italia, combattendo per l’esercito del suo nuovo Paese. Fu l’inizio di un percorso avventuroso, che lo avrebbe portato a essere uno dei tanti protagonisti degli Alleati che liberarono la città di Roma, con il lieto fine dell’incontro con la famiglia all’indomani della fine delle ostilità. Ma accanto alla vicenda personale si sviluppano tanti altri aspetti. Nella sua presentazione, anzitutto, Roger ha affermato che non ha voluto riportare solamente la storia della famiglia Sabbadini, ma anche di tutti coloro che la aiutarono a salvarsi, come i Martella. Il testo poi intreccia la vicenda del singolo alle questioni più generali, come la difficoltà angloamericana di risalire l’Italia, come ha rilevato il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni. Un altro aspetto che si evince dallo scritto di Sabbadini – ha notato sempre Di Segni, il quale ha confidato al pubblico che sua moglie è parente del protagonista – è l’integrazione degli ebrei nella società italiana degli anni ’20. 

    “Oggi parliamo di un eroe, ma nel corso della Seconda Guerra Mondiale furono numerosi gli eroi della quotidianità: tutti coloro che partecipavano a qualche esercito di resistenza, chi aiutava i propri cari, chi doveva semplicemente affrontare ogni tipo di discriminazione per il solo fatto di essere ebreo” ha affermato il professor David Meghnagi, il quale ha proposto una riflessione sulla elaborazione del lutto nell’ebraismo. “L’antisemitismo è continuato anche dopo la Shoah” ha spiegato “e se gli ebrei sono riusciti a non impazzire per la tragedia subita è stato grazie alla nascita dello Stato d’Israele, il veicolo che ha permesso di capire che non si era abbandonati”.

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